ROMA – La questione palestinese è spesso raccontata attraverso le lenti anglosassoni o sioniste, ma negli anni Trenta l’Italia fascista tentò una mossa inedita: sostenere la rivolta araba in Terra Santa, non solo con proclami ma con denaro, armi e piani politici.
Il primo discorso: 1921
Il 21 giugno 1921, nel suo debutto parlamentare, Benito Mussolini parla apertamente di “questione palestinese”. Richiamando la Dichiarazione Balfour e il mandato britannico, invita l’Italia a scegliere se appoggiare Londra e il movimento sionista oppure avvicinarsi alla linea del Vaticano e alle comunità cristiane orientali. È ancora una cornice strategica, non un piano operativo, ma anticipa il tema come banco di prova della politica estera italiana.
La rivolta araba e i finanziamenti
Il salto di qualità arriva con la rivolta palestinese del 1936–1938. Gli archivi documentano versamenti italiani per oltre 138.000 sterline a favore del Gran Muftì di Gerusalemme, Hājj Amīn al-Ḥusaynī. Parallelamente vengono acquistati e stoccati in Puglia fucili, mitragliatrici ed esplosivi destinati ai combattenti palestinesi, benché mai consegnati per problemi logistici. Roma valuta anche operazioni di sabotaggio, come l’inquinamento dell’acquedotto di Tel Aviv, in un’ottica antibritannica e di competizione con Berlino per il favore dei nazionalisti arabi.
Il progetto dei “due Stati”
Fino alla metà degli anni Trenta Mussolini ipotizza anche una spartizione territoriale: uno Stato arabo a nord e una ridotta entità ebraica a sud di Gerusalemme. Un’idea che svanisce con il fallimento della rivolta araba, lasciando spazio a una linea nettamente filoaraba. Parallelamente, però, il Duce mantiene contatti con leader sionisti come Chaim Weizmann, segno di una politica ambivalente, più tattica che ideologica.
Roma, Berlino e Londra
La vittoria italiana in Etiopia nel 1936 accresce il prestigio di Mussolini nel mondo islamico, dove viene celebrato come “protettore dell’Islâm”. A Giaffa, nei cortei religiosi, i suoi ritratti sfilano accanto a quelli di Hitler. Londra, preoccupata dall’attivismo di Roma e Berlino, avvia negoziati che porteranno agli “accordi di Pasqua” del 1938, con il riconoscimento dell’Impero italiano in Etiopia in cambio di concessioni sul fronte spagnolo.
Dalla propaganda al dopoguerra
Con l’entrata in guerra a fianco della Germania, la partita italiana sulla Palestina si chiude. Dopo il 1945, la scena passa alle nuove superpotenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Quando Israele proclama l’indipendenza nel maggio 1948, Mosca è tra i primi Stati a riconoscerlo, segnando l’avvio di una fase dominata dagli equilibri di Yalta.
Oggi, a più di un secolo dal discorso di Mussolini alla Camera, la “questione palestinese” resta ancora un nodo irrisolto della politica internazionale.