Il bomber con la valigia ha già conquistato Varese. Matteo Scapini, 33 anni, ha girato tanto prima di arrivare a Varese. Giunto in biancorosso, ha segnato tre gol nelle prime tre partite ufficiali dei biancorossi e ha impressionato, si è guadagnato applausi con la fatica, il sudore della fronte, l’indole a non mollare mai. Finora, nei momenti che contavano, c’è sempre stato. Più di così, ad un attaccante, cosa si può chiedere? Per noi nulla, però lo chiediamo anche a lui.
Sicuramente, sono contento di aver trovato un po’ di continuità, soprattutto dopo un primo periodo in cui abbiamo portato avanti una preparazione pesante. L’ho un po’ sofferta, in campo non ero lucido all’inizio ed ero molto appesantito. Per fortuna sono riuscito a sbloccarmi. L’impatto è stato positivo, assolutamente, io sono venuto qui con la testa giusta, con la voglia di fare bene.
Per ora sono felice, e di questo ringrazio la società perché mi ha dato subito la possibilità di avere affianco la mia famiglia, che per me è davvero importante. Ho trovato un ambiente che rema dalla stessa parte, tutti corriamo per lo stesso obiettivo. Prendete la partita di domenica a Cuneo: nel finale di partita abbiamo sofferto in dodici, noi insieme ai tifosi, tutti dietro la linea della palla, tutti a correre con il coltello tra i denti. Questo è il segnale che c’è una squadra che ha già capito cosa bisogna fare.
Dopo aver vinto due partite ad eliminazione diretta, è stato positivo vincere anche a Cuneo per mantenere alto l’entusiasmo che si è creato nel gruppo e con i tifosi. Per questo reputo sia un successo importantissimo, perché vincere aiuta a vincere e, diversamente, poteva magari calare un po’ la voglia.
Questo pubblico aiuta davvero tantissimo a dare qualcosa in più in campo. Perché senti costante l’incitamento dei tifosi durante tutta la partita, e sai che sono lì a spingerti nel momento in cui puoi segnare, fanno gol assieme a te. Quell’esultanza lì, è più che altro una liberazione, mi viene istintiva. Penso a tutti quelle persone che sono venute fino a Cuneo per noi, in Serie D nessuno può contare su un pubblico del genere. Esultare con loro è la cosa più naturale che io possa fare.
Sì, quel gol ha avuto un significato particolare per me, mi ha dato parecchia fiducia dopo un inizio di stagione in cui avevo fatto un po’ fatica, segnando poco. Anche sentire l’incitamento alle spalle fa crescere quella confidenza che all’inizio può mancare, quando si creano tanti punti di domanda se qualcosa non va per il verso giusto. Ecco, quel gol mi ha fatto capire che Varese crede in me.
Mi ha chiamato il procuratore dicendomi che c’era l’interesse del Varese per me, a quel punto abbiamo deciso di interrompere qualsiasi altra trattativa in corso, perché questa squadra aveva la priorità su ogni altra destinazione. Appena saputo del Varese, non mi interessava più nessun’altra possibilità, perché Varese in Serie D non si può rifiutare. Insomma, fino a due anni fa lo seguivo in tv, ora in questa società rinata e ripartita dal basso ho trovato entusiasmo ed un progetto portato avanti da imprenditori locali con testa ed entusiasmo.
Ho girato parecchio per tanti anni, da una parte è una mia pecca perché da giovane avevo un po’ una testa matta. Alla fine di tutto, però, sono andato in grandi piazze, con ognuna ho sempre imparato qualcosina. Soprattutto a Verona ho capito cosa significa giocare a calcio davanti a tante persone, quanto ci tiene il tifoso. Non tanto ai gol, quanto più al fatto che uno dia tutto in campo. Ho vinto campionato dalla C alla B, ho giocato poco ma ho imparato tanto da persone che ora sono in serie A, con un allenatore come Mandorlini. Ora, a 33 anni, fisicamente sto bene perché mi curo tanto dall’alimentazione fino al lavoro, sono il primo che ci metto tutto in allenamento, che è lo specchio della partita. A 33 anni penso di aver trovato la giusta serenità.