Quattro milioni di euro e un cadavere nel lago

VARESE Giorgio Motta era uno stimatissimo funzionario di banca. Per il suo istituto, la Banca popolare commercio e industria, era responsabile del settore «private», vale a dire la gestione di capitali privati di una certa consistenza. In città il suo nome passava di bocca in bocca tra i clienti più facoltosi e anche tra i direttori delle tante filiali che offrono questo particolare servizio: in altre parole, faceva bene il suo mestiere. «La verità è che era uno bravo e affidabile, e i direttori se lo contendevano perché la considerazione acquisita in oltre trent’anni di lavoro non faceva che accrescere il numero di clienti della banca per la quale lavorava» dice l’avvocato Alberto Zanzi. Ora però, a poco più di due anni dalla sua morte, avvenuta l’11 dicembre 2007, sta emergendo una verità diversa. Tanto per cominciare è mistero sul suo decesso, avvenuto per suicidio: se non sulle modalità (del tutto chiarite: si è gettato nel lago di Lugano, a Bissone), sui motivi di quel gesto. E poi vi è lo scenario delineato dalla procura della Repubblica di Varese, che ha chiesto il rinvio a giudizio per la vedova 64enne dell’uomo, con l’accusa di riciclaggio: perché, sulla base di un denuncia-querela molto circostanziata presentata dalla stessa Banca popolare commercio e industria, sarebbero scomparsi quasi quattro milioni di euro dei capitali amministrati da Giorgio Motta. E almeno 600mila euro sarebbero transitati su un conto intestato alla donna. Di qui l’accusa di riciclaggio. L’udienza preliminare è fissata per il 25 marzo. «Accuse tutte da dimostrare»

ribatte l’avvocato Zanzi. «Perché l’incolpazione significa che la mia cliente fosse consapevole di eventuali irregolarità – si parla di truffa continuata, falso e appropriazione indebita – commesse dal marito, se mai anche questo aspetto venisse provato. Ma in realtà lei non sapeva nulla della sua attività. Anzi, la sua morte, in circostanze così tragiche, l’ha gettata in una condizione di profonda costernazione. Ed ha significato un netto peggioramento del suo tenore di vita. Da un lussuoso appartamento nel quale viveva con il marito, è passata ad un modesto bilocale. Epoi questa accusa le ha dato il colpo di grazia definitivo. Ci troviamo di fronte ad un caso umano». Ma dove sono finiti tutti quei soldi? «Io penso – risponde l’avvocato Zanzi – che Giorgio Motta non abbia rubato nulla, ma che si sia ucciso perché non è riuscito a rientrare su operazioni sbagliate. Davvero, come si spiega altrimenti il suo suicidio?Io non ho mai visto nessuno che faccia una truffa di proporzioni così colossali, e poi si tolga la vita. A quale scopo?». Risposte che attende anche un altro legale, che vede la vicenda da tutt’altra prospettiva, l’avvocato Vittorio Crosta che rappresenta la famiglia varesina che è rimasta maggiormente esposta da questa vicenda, avendo perso la bellezza di due milioni e 350mila euro che erano stati affidati a Motta. Ha citato in giudizio la banca, ed ha presentato richiesta di provvisionale immediatamente esecutiva per due milioni di euro:se ne discuterà il 2 aprile di fronte al giudice Chiara Delmonte. Franco Tonghini

e.marletta

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