Quella parabola del “Peg” Uno sceriffo finito in miseria

Una vita da “sceriffo”, finita in miseria per una condanna con sospensione dal servizio.

«Ho regolato i conti». Così usciva dalla porta sul retro del palazzo municipale, quella riservata ai dipendenti, mostrando trionfante la sua pistola, dopo aver scaricato sei colpi contro la sindaca e il vicesindaco .

Classe 1952, originario di Busto Arsizio, Giuseppe Pegoraro era laureato e lavorava in Comune a Cardano al Campo da una vita. Era stato anche comandante dei vigili urbani, quando ancora si chiamavano così.

Scapolo e senza famiglia, era un appassionato e collezionista di armi, di cui teneva in casa anche pezzi di un certo valore. Aveva un carattere a volte irascibile, ma nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe potuto arrivare a sparare a due persone.

Molti lo ricordano quando si atteggiava a “sceriffo”, con le mani sulla fondina, mentre si piazzava fuori dall’ufficio postale per proteggere le signore anziane il giorno in cui venivano distribuite le pensioni.

Oppure altri episodi che testimoniano una certa disinvoltura nell’uso delle armi di servizio, come quando sparò dei colpi di pistola in aria per intimidire un ragazzino in motorino che non aveva risposto al suo “alt”, oppure ancora quando estrasse l’arma di servizio al comando di polizia locale nel corso di una lite con un collega, poi derubricata a scherzo. Conoscendo questo suo “pallino”, più di una volta era stata discussa in Comune la proposta di togliergli le armi.

La stessa Laura Prati lo avrebbe auspicato.

Nel 2007, con l’arrivo del nuovo comandante di polizia locale, , Pegoraro non accetta di dovergli rispondere gerarchicamente ed esterna il suo disagio in modo evidente.

Qualcuno racconta di averlo sentito dire «io a quello lo ammazzo». Ma nessuno dà peso alle sue parole, conoscendo il carattere esuberante e a volte sopra le righe del “Peg”, e sapendo che la recente scomparsa del padre lo aveva scosso nel morale.

E infatti basta spostarlo ad un nuovo incarico all’ufficio ecologia per rasserenarlo. Sembra il ruolo che fa per lui: si occupa di manutenzione del verde, disinfestazioni dalle zanzare e raccolta differenziata, si impegna per organizzare la task force dei volontari contro l’ambrosia.

Aveva appuntamento con Prati

Poi scoppia la vicenda della “truffa dei cartellini”, e Pegoraro finisce tra i dipendenti comunali che vengono processati. Lo scorso ottobre subisce una condanna in primo grado a due anni, la più lieve tra i sette vigili o ex vigili coinvolti.

Per uno sceriffo come il “Peg” è una macchia intollerabile. Lo scorso dicembre, arriva la sospensione dal servizio: sei mesi a casa, senza lavoro e con assegno di mantenimento.

Sospensione rinnovata a giugno (quando altri due colleghi sono stati licenziati) per altri sei mesi, in attesa di un probabile reintegro a fine anno. “Peg”, che aveva dedicato l’intera vita al suo lavoro, la considera «un’ingiustizia» intollerabile.

Da tempo non si faceva vedere in giro per gli uffici comunali, diversamente dagli altri colleghi sospesi. Fino a ieri mattina: aveva appuntamento con la sindaca per parlare di quella sospensione. Un caffè alla macchinetta con un collega e poi l’attesa sulle seggioline fuori dall’ufficio.

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