Ci risiamo: ancora una volta di fronte a una partita che sulla carta sollucchera poco e che invece muove entusiasmi non scontati. Perché quasi mille biglietti venduti in prevendita per la partita contro Pesaro (contro questa Pesaro, ovviamente) sono tanti, ma tanti davvero. E noi vogliamo chiedercelo: ma cos’ha fatto di tanto straordinario questa squadra per meritarsi tanto entusiasmo? Non ha vinto più di quelle che l’hanno preceduta (indimenticabili a parte), anzi: il confronto con la squadra dell’anno scorso è presto fatto. Al termine del girone d’andata Frates aveva fatto 12 punti, esattamente come Pozzecco: la squadra di Frates aveva però vinto in casa cinque volte, mentre quella del Poz soltanto due. Insomma: dovessimo guardare solo quel che è successo davanti agli occhi dei tifosi non si capisce come mai il coach dello scorso anno era odiato e insultato da tutti (giocatori compresi) mentre quest’anno la gente fa la coda per non perdersi una partita. Esattamente come la squadra dello scorso anno, anche questa ha avuto modo di toccare il fondo
e assaggiare il rumore dei fischi (la disfatta contro Roma della Cimberio, il ko interno con Pistoia di un mese fa) eppure nessuno rimpiange Clark e compagni mentre tutti stravedono per Diawara e Kangur.Insomma, eravamo qui ad arrovellarci per trovare una risposta a quei botteghini affollati senza trovarla quando per caso (per caso?) ci siamo imbattuti in un video rilanciato da qualcuno su Facebook. 11 maggio 1999, la sera in cui Varese diventò la capitale del mondo. E Pozzecco col naso sfasciato dalla gomitata di Nicola, la maglia insanguinata, quella bomba da nove metri, il rientro in difesa mimando il burattino, quel terzo tempo al rallentatore e lo scivolone sotto la Sud, Pozzecco in ginocchio ad asciugare il parquet bagnato dalla condensa di seimila persone, lui in piedi sulle acque con quella misteriosa guardia del corpo di fianco ad applaudire.Ecco, possiamo fermarci qui. Fate quello che volete, ma il signore che c’è in panchina ha scritto cose che non si cancellano. Che restano, e riempiono il palazzetto a distanza di sedici anni.