Questa strada è percorribile. Ma ci vogliono altre conferme

Il punto di Fabio Gandini

La strada vecchia è possibile, lo suggerisce una vittoria non banale. Oldenburg non è avversario di caratura inferiore rispetto ad alcuni di quelli che hanno reso nero il novembre biancorosso: regala più grattacapi tattici di una Pistoia, è nel complesso più stazzata di una Ventspils, ha la stessa smaliziata aggressività di un Paok. Ad essere diversa è stata la Openjobmetis, talmente diversa dalle ultime versioni da riaccendere un bagliore di luce su un progetto tecnico estivo che pareva essere stato coperto anzitempo dalle tenebre. Un progetto tanto rischioso quanto condivisibile nel rischio: dipendere da Eric Maynor. Rischioso perché? Perché puntare su un talento non più accompagnato dall’integrità fisica è sì una scommessa, ma è soprattutto una scommessa che abbisogna di tempo per essere vinta: e noi, tutti, ci siamo dimenticati di questo particolare mentre il ciclone delle sconfitte travolgeva Varese, persi a giudicare un contorno pieno di magagne (l’affidabilità di Johnson, la scarsa pericolosità offensiva di Anosike, gli anni che pesano sull’efficacia di Kangur, il tiro di Eyenga e gli inevitabili errori anche dell’allenatore) importanti ma non così decisive. Nel mentre, l’ex regista degli Oklahoma City Thunder viveva di una crescita fatti

di piccoli, a volte impercettibili, passi: una crescita fatta di muscoli che ritornano a carburare e a supportare gli input del cervello, una crescita fatta di fiducia nell’ennesima ripetizione di un movimento andato finalmente a buon fine, una crescita fatta di comprensione dell’universo che gravita intorno alle sue mani da playmaker. La partita contro i tedeschi ha “detto” che una soglia di rendimento accettabile è stata raggiunta e, guarda caso, è coincisa con un successo. Ora servono le conferme, in serie, perché la strada vecchia è possibile, ma non ancora sicura. E serve capire che Eric Maynor (che Dio lo mantenga sano) ha bisogno anche di questo: di avere in mano le chiavi offensive originali e non il doppione, di non essere imbrigliato in giochi troppo complicati, di essere lasciato in campo finché non è lui a chiedere il cambio con la lingua di fuori, di avere dietro di sé una squadra che compensi – con il sacrificio – le sue mancanze, soprattutto difensive. L’area tecnica della società è decisa a mettere al suo fianco una guardia più produttiva ed esperta di Johnson: sì, a patto di un cambio economicamente sostenibile e ragionato.