«Questa Varese si sta dimenticando del suo patrimonio»

Il nostro Fabio Gandini ha intervistato lo storico dirigente del basket italiano Toni Cappellari

Dieci domande a Toni Cappellari, prima che al Forum di Assago vada in onda il penultimo atto delle Final Eight di Coppa Italia. Con l’ex presidente biancorosso si parla di tutto: della situazione di Varese e di quella in seno alla Legabasket, passando per Chris Wright, Maalik Wayns, Max Ferraiuolo e il “sogno” rinascita della gloriosa Pallacanestro Milano, riletto in chiave… varesina.

Un po’ di pallacanestro l’ho frequentata nella mia vita… Mi bastò vedere come entrambe le reltà avevano formato le loro squadre, frutto di due società assai deboli alle spalle. Bisogna fare una distinzione però: Cantù ha trovato per strada i soldi di Gerasimenko e sta cercando di cambiare, di accedere – pur con qualche difficoltà – a una dimensione superiore. Varese, invece, nella battaglia per non retrocedere ci rimane dentro fino al collo.

Il primo è stato quello di aver messo in difficoltà Vescovi, tanto da arrivare a perderlo. Il secondo quello di aver voluto cancellare a tutti i costi l’anno precedente: dalle dimissioni di Pozzecco in poi si era fatto bene, in particolare grazie ai miracoli di Attilio Caja, e il futuro andava costruito tenendone conto. Invece si è tolto tutto quello che c’era per “ripartire da zero”: Varese, in realtà, è ripartita da sotto zero.

Me lo auguro, perché mi fa male vedere Varese ridotta così. Contro Capo d’Orlando qualcosa si è visto, poi ci ha messo lo zampino la sfortuna. Va ancora accertata la sua compatibilità con Maalik Wayns: convengo con chi dice che la pecca tecnica più evidente a inizio anno sia stata quella di prendere il playmaker di Philadelphia. E’ un giocatore troppo condizionante per gli equilibri di squadra.

Oggi come oggi bisogna solo stringere i denti e sperare che tutto vada bene.

Di qualcuno, all’interno della società, che conosca la pallacanestro e che sappia coniugarla con i problemi di tutti i giorni, facendo al contempo da tramite con la proprietà. Poi di una seconda figura che costruisca la squadra insieme all’allenatore e sia capace di mettere in riga i giocatori quando sbagliano, sovraintendendo a tutto ciò che accade all’interno dell’area tecnica. Una delle due potrebbe essere già presente nei ranghi.

Max Ferraiuolo meriterebbe la possibilità di un salto di qualità: sa come costruire una formazione di basket. Rimane tuttavia pessima la scelta di mettere da parte Bruno Arrigoni per far posto a lui nel bel mezzo della stagione. Ma cosa significa? Se il futuro inizia da qui direi che si parte malissimo.

Nell’intero panorama della pallacanestro italiana non esiste un personaggio più efficiente di Antonio Bulgheroni: le esperienze che ha collezionato come imprenditore, come giocatore, come dirigente e come proprietario ne fanno il perfetto presidente della Legabsket. A lui, poi, si affiancherebbe Andrea Bassani, attualmente responsabile per televisioni e media in Eurolega: un’altra ottima scelta.

Recalcati ha meno esperienza nella conduzione societaria, anche se è stato allevato dalla famiglia Allievi a Cantù. L’importante, comunque, è che finisca presto l’era di Fernando Marino.

La pallavolo per le sue finali di Coppa Italia ha riempito il Forum di Assago sia al sabato che alla domenica, portando sugli spalti circa 24 mila spettatori. Nel basket, l’altro ieri, c’erano forse 4000 persone quando Milano era in campo e nemmeno 1000 nel match tra Pistoia e Trento giocato alle ore 12: una roba da mettersi a piangere. Bene, penso non ci sia esempio migliore del momento attuale della pallacanestro italiana. Il volley ci sta portando a scuola.

La risposta è già nella domanda: chi oggi è nella Pallacanestro Varese si sta dimenticando della storia e del patrimonio umano che ha a sua disposizione. La pelle di Marino Zanatta è Varese, basta vedere come soffre quando vede le partite dal suo cantuccio sul lato corto del campo al Palawhirlpool. Per Isaac il discorso è lo stesso: un altro pezzo di storia, nonché un allenatore perfetto per i giovani. Perché nessuno li coinvolge?