Il soldato Kristjan Kangur, sabato sera, ha combattuto l’infinita battaglia contro Reggio Emilia fino alla fine, lottando contro gli avversari ma anche contro i dolori alla schiena, suo vero tallone d’Achille. Unico dello starting five a non essere escluso anticipatamente dal match per via dei falli, l’estone ha resistito fino allo scadere del terzo supplementare e ora guarda alla sfida con la Reyer Venezia di Charlie Recalcati – coach col quale ha condiviso il biennio 2010-2012 in biancorosso – con la speranza di essere fra i protagonisti.
Non ho potuto riprendere gli allenamenti insieme alla squadra e solo domani (oggi, ndr) avremo i risultati degli accertamenti che abbiamo effettuato. E di conseguenza ne sapremo di più.
È stata molto dura, sì. Ma questo è accaduto perché abbiamo cominciato con l’approccio sbagliato. Se fossimo partiti con il piglio giusto la partita non sarebbe durata così tanto, perché l’avremmo vinta prima.
Non sono d’accordo. È giusto dire che noi abbiamo perso, non che lui ha perso.
Dal punto di vista del pubblico, la partita è stata certamente qualcosa di molto bello: quasi un’ora effettiva di grande basket. Ovviamente io sono infelice, perché abbiamo perso, però dico che sabato sera la nostra squadra ha comunque dato un chiaro segnale, decisamente positivo.
Abbiamo dimostrato di essere dei veri lottatori, gente che non si arrende mai. E questo è lo spunto migliore che dobbiamo portarci dentro per il prosieguo del campionato.
Carlo è un vero gentleman, oltre che un grande coach. Ma quello di Venezia è un gruppo fatto complessivamente di grandi professionisti, che conosco bene per aver giocato con loro nelle passate stagioni: da Thomas Ress a Benjamin Ortner, a Phil Goss. Spero di poter giocare contro di loro.
Sono felice di essere di nuovo qui e di giocare per questa squadra, in questo palazzetto. In squadra siamo tutti amici e siamo felici di giocare insieme. E questa, nel basket, è la cosa più importante.
Ma quando parlo dei miei compagni di squadra, includo anche lui, perché è come se lo fosse. Il Poz è uno di noi.