«Racconto il mio amico Tenco Sulla sua morte ho un’altra verità»

Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio del 1967, in pieno svolgimento della 17ª edizione del Festival della canzone italiana a Sanremo, alla quale partecipa in coppia con Dalida con la canzone “Ciao amore ciao”, Luigi Tenco viene trovato morto in albergo: un colpo di pistola alla tempia. Accanto, un biglietto. Attorno, ancora oggi, dubbi. Si parla di suicidio, ma la storia di quel cantautore emblematico degli anni Sessanta si chiude – o non si chiude – in modo non solo tragico, ma anche oscuro. In tanti non credono al suicidio.

Quarantasette anni dopo, sul palco del teatro Sociale di Busto, domani alle 21, sarà un altro cantautore italiano dell’epoca, Gianni Pettenati, l’interprete tra l’altro di “Bandiera gialla”, a portare in scena un progetto teatrale dedicato a Tenco: “Ragazzo mio, un giorno ti diranno” (ingresso 16 euro, prevendita in teatro in piazza Plebiscito: mercoledì e venerdì dalle 16 alle 18, sabato dalle 10 alle 12; prenotazioni allo 0331.679000).

Pettenati, voce e voce recitante, sarà accompagnato alla chitarra dal bustocco Cesare Bonfiglio (che ha curato anche gli arrangiamenti), a flauto e cori da Massimo Caroldi, a voce e cori da Elena Zoia.

Perché era un amico. Quando è morto hanno trovato un biglietto in cui scrive anche contro “La rivoluzione” (la canzone che Pettenati presentava a quel festival, ndr). Io non ci ho mai creduto: Tenco era un signore, oltre che una persona di grande riservatezza. Certo, avrebbe potuto parlare di canzoni che riteneva peggiori della sua, ma non avrebbe mai fatto nomi o titoli precisi, non era da lui. Non ho mai creduto che quel biglietto potesse averlo scritto lui. E non ci credono in tanti.

Propongo canzoni, monologhi, interpreto suoi testi anche poeticamente proprio attraverso i monologhi. Racconto la sua vita, fino a un secondo prima che lui morisse.

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