– Nicola Campiotti porta il suo primo film a Varese. Sono quattro le proiezioni in programma oggi e domani, alle 18 e alle 21, di “Sarà un paese”, nella Sala Filmstudio 90, di via De Cristoforis.
L’autore, classe ’82, racconta l’Italia attraverso gli occhi di un bambino, nel suo primo lungometraggio riconosciuto di interesse culturale nazionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che immerge il pubblico in un percorso esplorativo alla scoperta di volti, luoghi e memorie dell’Italia.
Figlio del regista varesino Giacomo, Nicola ha una telecamera in mano dai 15 anni. Dopo la laurea in filosofia, s’è fatto le ossa girando cortometraggi e documentari e collaborando con registi come con Wim Wenders o Marc Foster.
È nato da un urgenza più civile che cinematografica, perché penso che il Paese chiami a una responsabilità collettiva non solo individuale. È un discorso che si declina in mille modi. E ognuno lo può fare attraverso la propria vita.
Raccontare storie attraverso le immagini è il mestiere che ho respirato da sempre in famiglia, perché lo facevano mamma e un babbo. È l’unica cosa che riesco a fare. Penso che sia il fine per cui ho studiato. La laurea in filosofia è stata un’opportunità di interrogarsi sul mistero dell’essere umano, che è
in grado di creare opere straordinarie come l’affresco del Signorelli a Orvieto, ma anche la bomba atomica. E il cinema parla proprio di questo mistero che è l’uomo. Chi fa il proprio lavoro, qualunque sia, può contribuire ad aggiungere consapevolezza al Paese, ai propri concittadini, attraverso il volontariato e in tanti altri modi.
Dall’Abc. Oggi in Italia la cultura della legalità non è dominante, è schiacciata dal compromesso e del tornaconto personale.
Il gioco narrativo è quello di un viaggio per l’Italia con un bambino di 10 anni. Ascolta storie e interagisce con realtà che rappresentano per me l’Abc da cui ripartire. Presentano temi che ritengo imprescindibili dai quali tentare di ripartire: l’aria che respiriamo, le regole che ci diamo, l’incontro tra culture diverse il e rispetto del territorio.
La legalità è il tema sul quale educare di più gli italiani, me compreso quando parcheggio in quarta fila. È la pietra angolare su cui costruire la comunità nel rispetto delle regole.
La mia figura è di educatore e di chi ha scelto gli incontri da fare che rappresentavano i cardini dello stare insieme civile. Gli sono sempre accanto, perché alcune storie sono toste e dolenti.
Moltissimo, con un lavoro davanti incerto, ma con in tasca la creatività e la curiosità. Non saranno antidoti per avere soldi, ma un bellissimo passaporto per il mondo. Difficilmente con queste due attitudini si resterà a lungo senza futuro.
È una città che sto imparando a conoscere piano piano crescendo, lentamente e con piacere.
Mi affascinano il senso di comunità e la natura dirompente che circonda la città. Ho percepito un forte impegno: volontariato, scoutismo, responsabilità sociale. Un alfabeto comune che dà un senso di appartenenza civile e non politica.
Prima di tutto è un padre che ha fatto il suo lavoro di genitore in maniera fantastica per attenzione che mi ha dato. Un figlio non chiede tanto, presenza e ascolto e io le ho ricevute e sono grato al padre che è. Scegliere il suo mestiere l’ho fatto d’istinto, con rispetto e naturalezza.
Nel 2010 è stato premiato al festival Cortisonici.
È stata un’esperienza bellissima, perchè il cortometraggio era non facile. Mi ha fatto piacere che sia stato scelto dalle scuole.Credo che realtà come Cortisonici e Filmstudio 90 stiano facendo un grande servizio alla città, perchè non è facile trovare spazi che propongano cose che nel circuito mainstream non si trovano.













