GALLARATE Sharna, continua la “caccia” all’amante sparito. Al setaccio la comunità bengalese di Milano. Proseguono senza sosta le indagini sull’omicidio di Sharna Abdul Gafur, la ragazza originaria del Bangladesh che abitava a Gallarate e che venerdì pomeriggio è stata strangolata a Monza nel monolocale dello zio (foto) dove era temporaneamente ospitata.
I riflettori degli inquirenti sono puntati sulla comunità bengalese milanese, all’interno della quale si cerca faticosamente di risalire all’uomo di 25 anni, sposato e con un figlio, con cui Sharna avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale fortemente avversata dalla famiglia. La giovane bengalese infatti era già promessa in matrimonio ad un uomo in Bangladesh, secondo la tradizione di quel popolo, e avrebbe fatto ritorno in patria entro l’anno per celebrare le nozze, ma nel frattempo in Italia avrebbe conosciuto un altro uomo, sempre bengalese. Potrebbe essere lui ad aver avuto accesso alla casa di Monza dove Sharna era sola in attesa dello zio che l’avrebbe riaccompagnata dai genitori.
A Gallarate invece la famiglia Gafur ci ha vissuto per diversi anni, in una palazzina popolare di via Monsignor Macchi, dietro all’Esselunga, in una zona che spesso spregiativamente viene qualificata come casbah o ghetto per l’alto tasso di famiglie extracomunitarie che ci vivono. Uno dei vicini italiani indica i balconi degli appartamenti «abitati da quelli del Bangladesh», nella palazzina a fianco alla sua. «Ci sono un
paio di famiglie». I rapporti di vicinato tra le diverse etnie sono molto limitati, da quello che ci dicono. Un altro vicino ricorda vagamente Sharna: «Una bella ragazza, vestiva sempre con gli abiti tradizionali del Bangladesh ma non usciva di casa molto spesso». La giovane infatti non lavorava e non studiava, ma aveva solo frequentato delle scuole di italiano negli anni in cui ha vissuto a Gallarate.
«Da un bel po’ non si vedeva qui – ricorda un altro giovane bengalese che abita nella stessa palazzina di via monsignor Macchi – sabato mattina sono andato al bar a bere il caffè prima di andare al lavoro e ho letto la notizia sui giornali, sono rimasto stupito e sconvolto perché mi sono ricordato di lei. Non la vedevo molto spesso, conoscevo di più il padre, che è una brava persona, un lavoratore». L’episodio ha lasciato sconvolta la comunità bengalese del Gallaratese, molto unita attorno all’associazione presieduta da Mohammad Noor.
I parenti dei genitori di Sharna si stringono per superare il dolore di questa tragedia, come racconta Belal Mataber, il fratello del papà di Sharna, che vive a Busto: «Siamo partiti subito per Milano per stare vicini a loro. Sono brave persone». Oggi si attendono novità dall’autopsia sul corpo della giovane bengalese. I parenti di Sharna aspettano di poter avere la salma per ottenere il permesso di celebrare il rito tradizionale islamico che corrisponde al nostro funerale. «Prima di compiere il rito – spiega Mataber – si lava accuratamente il corpo e gli si mettono i vestiti».
s.bartolini
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