Referendum, si va verso un flop epocale: schiaffo a Pd e Cgil

Cinque quesiti ignorati dalla maggioranza degli elettori: il quorum resta un miraggio e per CGIL e Pd è una débâcle bruciante. Il centrodestra ne approfitta senza nemmeno alzarsi dalla sedia.

Giugno 2025 verrà ricordato per un referendum di cinque quesiti (cittadinanza, Jobs Act, contratti a termine, responsabilità d’impresa) finito – verosimilmente – nel segno di un’abissale disaffezione. I partiti che credevano nella mobilitazione referendaria sono stati traditi da numeri impietosi: con l’affluenza alle 23 dell’8 giugno che si è fermata al 21%, si prevede che il dato definitivo alle 15 del 9 giugno si attesti a poco più del 30 % dei votanti, ben sotto il quorum necessario del 50 %+1.

Un flop annunciato

Nelle settimane pre‑referendarie crescevano risposte ciniche e sarcasmo generalizzato, con i social scatenati contro Pd e CGIL, rei di aver lanciato dei referendum per abolire le riforme volute dalla stessa Sinistra solo qualche anno fa. Un cortocircuito certificato persino dall’umorismo “militante”, che con Il Terzo Segreto di Satira ha preso a schiaffoni il “povero” Pd.

Che tipo di “schiaffo” riceve la sinistra

La sinistra puntava forte sul quorum, scommettendo sull’attenzione popolare verso il tema “sensibile” del lavoro. Ma mischiare Jobs Act e contratti a termine con la “cittadinanza facile” è stato un errore clamoroso, in un momento in cui sul web impazzano video di immigrati violenti e città fuori controllo.

Il risultato? Un rifiuto in massa. La gente ha semplicemente deciso di disertare, lanciando un messaggio chiaro: nessun mandato per cambiare le regole. Nessuna legittimazione popolare a intervenire sulle norme in oggetto. Con buona pace della CGIL (in piena crisi di numeri, sempre più sindacato dei pensionati e sempre meno punto di riferimento per i lavoratori, ndr), che in caso di sì al referendum sulla cittadinanza avrebbe beneficiato di 2,5 milioni di nuovi potenziali tesserati. E poiché a pensare male si fa sì peccato, ma ogni tanto ci si prende, quei 2,5 milioni di immigrati-cittadini avrebbero fatto molta gola come tesserati-votanti anche alla galassia della sinistra…

Cosa succede adesso

1. Referendum nulli per mancanza di quorum
Tutti i quesiti decadono. Le norme restano così come sono: niente modifiche su Jobs Act, cittadinanza, contratti o responsabilità d’impresa. La volontà popolare non si è espressa a sufficienza. Fine.

2. Clima di sfiducia: elettori stanchi e disillusi
Il dato sull’affluenza non è solo un problema tecnico. È lo specchio di un malessere più profondo: i cittadini sembrano sempre più lontani dai temi e dalle battaglie proposte da una certa area politica. Il dibattito sui referendum, pur acceso sui media e nei circoli militanti, non ha scaldato gli animi della maggioranza silenziosa. Troppi elettori percepiscono questi strumenti come armi spuntate, incapaci di produrre risultati concreti. Il timore che anche in caso di successo non sarebbe cambiato nulla, ha prevalso. Così cresce la sfiducia verso la politica partecipativa e verso una sinistra che appare impegnata in battaglie ideologiche più che in soluzioni reali.

3. Una spinta involontaria per la destra
Paradossalmente, il grande assenteismo alle urne potrebbe rafforzare i partiti del centrodestra. Il mancato quorum diventa per loro un argomento politico potente: secondo questa narrazione, la sinistra non solo ha perso, ma ha anche fallito nel mobilitare il proprio elettorato. La mancata partecipazione diventa così la prova di un’opposizione che non entusiasma, non mobilita, non convince. E in un momento storico dove la comunicazione e il consenso si giocano anche sulla percezione di forza e capacità di leadership, questo referendum mancato si trasforma in un assist per chi oggi governa o aspira a farlo. La Meloni, quindi, può ora rivendicare una vittoria senza nemmeno essere scesa in campo e da oggi è ancora più forte. Più per tafazzismo della “sinistra” che per meriti propri, si intende, dato che dopo 3 anni di governo si fatica a comprendere cosa sia realmente cambiato con la “destra” al potere…

Una sonora bocciatura. E ora tutti a nanna

Le urne vuote rappresentano una bocciatura sonora. Non tanto sui temi – alcuni dei quali anche condivisibili – quanto sulla strategia, sulla comunicazione e sul senso stesso dell’operazione politica. È un colpo durissimo per chi aveva investito tutto sul referendum. E potrebbe segnare il tramonto di questo strumento nella galassia progressista. Per ora, si chiude con una sola certezza: chi voleva cambiare le regole, ha sbagliato partita. E campo.