Si può essere a favore o contro Renzi, ma come si fa a essere a favore di una riforma elettorale che il governo vuol fare passare mettendo la fiducia? Renzi l’ha detto chiaro: vado fino in fondo, chi ci sta ci sta. E se non avrò i voti, il governo si dimetterà.
Beh, non mi sembra il modo per licenziare un provvedimento così importante. Se ci sono delle obiezioni, le si affronta in aula, si discute, alla fine si prova a trovare una sintesi. Se non ci si riesce, si ricomincia da capo. Altrimenti bisogna concludere che non ha tutti i torti chi accusa il premier di autoritarismo. Il cambiamento delle regole deve avvenire con il maggior consenso possibile, non con quello appena necessario a farle passare.
Paolo di Benedetto
Di riforma elettorale si parla da quando venne approvata l’ultima, la celebre porcata così definita dal leghista Calderoli. In tanti anni, nessun progresso. Poi molte proposte e infinite chiacchiere. Infine un testo che, dopo molte correzioni e ripensamenti, viene approvato trasversalmente da renziani e berlusconiani tramite il Patto del Nazareno. L’elezione del presidente della Repubblica infrange l’accordo, l’ex Cavaliere si ritira, Renzi resta solo. Sottopone il testo a tutti gli organismi del suo partito, lo contrasta una risicata minoranza che, per ripicca, si allea con tutti gli oppositori del governo. Renzi decide di andare avanti lo stesso perché almeno una virtù la riforma ce l’ha: indicherà con chiarezza chi vince e chi perde. Giudica quest’obiettivo primario, ed è disposto a mettere in gioco la sopravvivenza della legislatura ricorrendo al voto di fiducia. Più che un gesto autoritario, sembra la conseguenza obbligata d’un percorso di costrizioni politiche.
Max Lodi