Resterò incinta? Difficile dare una risposta, soprattutto se si soffre di problemi di infertilità. Per quanto non definitiva, una prima risposta però può arrivare da una proteina: il laboratorio di genetica molecolare del centro per la fertilità ProCrea di Lugano (www.procrea.ch) in collaborazione con l’università di Fertrara ha individuato nella sHLA-G la capacità di indicare il possibile successo di una terapia di procreazione assistita. Lo studio è stato presentato all’ultimo congresso dell’European Society of Human Reproduction Embryology (Eshre).
«Abbiamo riscontrato una correlazione tra livelli elevati della proteina sHLA-G e il successo della terapia, quindi la gravidanza, nelle donne sottoposte a un trattamento di inseminazione artificiale», spiega Giuditta Filippini direttore del laboratorio di ProCreaLab che ha condotto lo studio con Michael Jemec ginecologo del centro ProCrea e Roberta Rizzo ricercatrice del dipartimento di Scienze mediche – microbiologia e genetica medica – dell’università di Ferrara. «È il primo lavoro che viene effettuato su questa proteina in questo particolare ambito; i risultati sono decisamente interessanti e possono aprire nuovi ambiti di ricerca. Finora per indicare la gravidanza si faceva riferimento ai livelli di Beta-hCG; con la sHLA-G si potrebbe intervenire in modo più puntuale per ottenere un successo della terapia».
I ricercatori hanno preso in considerazione 18 donne con problemi di infertilità non spiegata e senza altre patologie. Sono stati controllati i livelli della proteina in diversi momenti della terapia: prima dell’inizio della stimolazione ovarica, due giorni prima del pickup, durante il pickup, durante il trasferimento embrionale e sette giorni il dopo il trasferimento. Il risultato ha evidenziato livelli alti di sHLA-G nelle 6 donne che hanno avviato una gravidanza e bassi nelle altre.
Conosciuta soprattutto per l’importante ruolo che svolge nei trapianti, solo recentemente questa proteina è stata affiancata alla medicina della riproduzione. Studi hanno rilevato che la concentrazione della sHLA-G rilasciata dall’embrione è correlata con il successo del transfer nell’utero materno. «Con questa ricerca siamo andati più a monte abbinando i livelli di concentrazione nella madre al successo della terapia», aggiunge la direttrice di ProCreaLab. «Sono ambiti che necessariamente dovranno essere ulteriormente approfonditi. Resta il fatto che abbiamo un elemento in più per valutare il quadro clinico e individuare la strada più corretta per arrivare ad un successo delle terapie, ovvero ottenere una gravidanza».