Riforme costituzionali al voto Minoranza Pd sulle barricate

Il governo dice di «non temere imprevisti» forte di 389 voti a favore
Civati contrario, Guerini si augura che ci sia «il sostegno da tutti»

É iniziato ieri e proseguirà anche oggi nell’Aula della Camera la discussione sul ddl riforme costituzionali, in attesa del voto finale, previsto in giornata alle ore 12. Il testo prevede il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.

Silvio Berlusconi ha già fatto sapere che Forza Italia non darà il suo assenso al disegno di legge Boschi, anche se ancora non si conoscono le modalità attraverso le quali i deputati azzurri porteranno a compimento il mandato del loro leader. Una decisione che ha origine nella rottura del patto del Nazareno, seguita all’elezione del Capo dello Stato e che ha portato all’abbandono dell’Aula da parte di Forza Italia, lo scorso 13 febbraio durante le ultime battute dell’esame del provvedimento. I forzisti non erano stati però i soli a lasciare gli scranni di Montecitorio: lo stesso aveva fatto il resto delle opposizioni, Lega, M5s, Sel, Fratelli d’Italia e gli ex M5s di Alternativa libera, dopo che ogni tentativo di ottenere dal governo una serie di aperture sul ddl era andato fallito. Il M5s non sarà in Aula al momento del voto finale e anche gli altri gruppi dell’opposizione non sono intenzionati ad avere ripensamenti. Alcuni parlamentari di Forza Italia, invece, potrebbero discostarsi dalle decisioni di Berlusconi e trovare una soluzione più accomodante che non chiuda definitivamente le porte in faccia al premier Matteo Renzi. Il governo fa sapere però di non temere imprevisti e che potrà comunque contare su 389 voti, quando la soglia per il via libera è fissata a 306.

Intanto, la minoranza del Pd è sul piede di guerra. Pippo Civati ha annunciato che non voterà la riforma della Costituzione e che farà come «Chiti e Tocci al Senato». «Lo faccio in ragione di una posizione di merito» che, dice, ha accompagnato le sue azioni dal gennaio del 2013 e «senza pensare alla questione delle correnti del Pd e ai rapporti con la segreteria, perché questa è la Costituzione».
«La minoranza Pd non voterà la legge elettorale se la riforma della Costituzione non verrà cambiata» ha detto invece il senatore bersaniano Miguel Gotor, aggiungendo che «se non cambia la riforma del Senato, l’Italicum non si può votare» e Renzi «non può pensare di riformare la Costituzione facendo a meno di noi e raccattando i voti sparsi dei verdiniani». Cerca invece di riportare la calma il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini: «Visto che domani votiamo un testo che è l’esito del confronto nel Pd mi auguro ci sia il sostegno di tutti».