Un grande successo di pubblico ha accompagnato, lo scorso sabato (aperta fino al prossimo 31 luglio), l’inaugurazione della mostra di pittura e scultura di “La Favola ultimo monito al mondo”, presso la Fonte Bonifacio VIII delle terme di Fiuggi, curata da Giovanni Stella e promossa dall’Acqua e Terme di Fiuggi Spa con il patrocinio del Comune di Fiuggi.
Uno scenario d’eccezione per l’artista varesino, nato nella provincia di Lucca, a Barga, ma residente da tempo a Solbiate Arno, ideologo del movimento “Dimensionismo” e da sempre vivace presenza nei gruppi artistici storici dell’area lombarda con, al suo attivo, numerosissime esposizioni in Italia e nel mondo, segno del profondo interesse che la sua opera ha saputo suscitare. L’affermazione dell’opera “Plasticoni” e l’invenzione dei laboratori Ciclart, hanno dato avvio ad una serie di eventi performance, personali ed happening con installazioni e rappresentazioni all’aperto, a Bobbio, Varese, Parigi, Milano, Roma, Gallarate, Vercelli, Radicondoli, Montieri, Castiglion Fiorentino, alternati con collettive, laboratori didattici, richiamando televisioni nazionali ed estere, come Rai, Mediaset, TV Svizzera, BBC, lranian TV. Le terme di Fiuggi si sono rivelate quindi l’ambiente giusto per una mostra antologica composta dai suoi due grandi animali di oltre quattro metri; l’ippopotamo e la statua simbolo di Pieroni del Cavallo di Troia, oltre a cinquanta altri animali, dai cani al coccodrillo al cavallo, i cosiddetti “Plasticoni”, perché realizzati con materiale di riciclo. Anche la preparazione dell’esposizione si è trasformata in una performance artistica en plein air: «Con mio figlio Ettore ho assemblato, a più riprese, il Cavallo di Troia che è costituito di 18 parti e, nel giro di tre giorni, oltre mille persone hanno visto la mostra prendere forma.
È il simbolo dell’inganno e dell’intelligenza del progresso e non è del tutto negativo, c’è del positivo e del negativo in quest’opera.
I quadri Plasticoni, che non hanno i colori tradizionali, ma sono realizzati con le carte colorate dei materiali che abbelliscono i pacchettini di biscotti, di pasta e di caffè, frutto della disciplina di un design molto raffinato e di una grande tecnica artistica prestati alla società dei consumi.
La mia intenzione non è di fare il moralista, ma di risvegliare le coscienze. Volevo qualcosa che fosse un atto concreto nella società, un atto costruttivo nei confronti della mia stessa condotta, della mia integrità morale. La colpa ecologica contiene in sé un allarme, se dobbiamo disciplinare la raccolta per non autodistruggerci, c’è già un allarme sociale: lo sfratto dalla natura per l’anthropos.
Realizzando queste opere, faccio qualcosa di utile per la società, ho raccolto la plastica in giro, anche lungo le rive dei fiumi del varesotto.
Non sono un animalista. Vedo l’animale come simbolo di libertà molto netto, l’animale trascorre la sua vita in modo totalmente istintivo, secondo le leggi naturali, come quella della libertà. Poi viene la società, come quella delle api, delle formiche, questi individui non hanno però bisogno di farsi domande, come noi che dobbiamo disciplinare la nostra condotta, in questo momento in cui stiamo invadendo il mondo.
Ho un moto di ribellione verso certi intellettualismi dell’arte contemporanea: fiacchi, ripetitivi, questa storia dell’anno zero, teorie deboli che non hanno durata nel tempo, con opere che sono troppo atomizzate, parcellizzate, ripetute in modo uguale come granelli di sabbia che formano un deserto, in cui un giovane, che vuole fare l’artista, si trova disorientato. Io penso che l’arte non abbia bisogno di essere spiegata con sistemi ingannevoli, rischiando di fare credere bello ciò che, in verità, è brutto.