Sono «incontrovertibili» i riscontri sull’attività di prostituzione svolta ad Arcore dalle cosiddette “papigirls”, le ragazze ospitate dall’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella sua residenza milanese. I giudici della Terza Corte d’Appello di Milano, che a novembre scorso hanno condannato Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti per il caso «Ruby-bis», non hanno dubbi: le ragazze intrattenevano il padrone di casa con il “bunga-bunga”, e lo facevano «con la prospettiva di ricevere una ricompensa in denaro».
Nelle motivazioni della sentenza depositate ieri mattina, il collegio di giudici presieduto da Antonio Soprano parla dei festini di Arcore: «Il quadro che si delinea – si legge nel provvedimento – è quello di giovani donne, alcune frequentatrici abituali della residenza, che partecipavano alle feste e in particolare agli intrattenimenti dell’ormai noto “bunga-bunga”, con la prospettive di ricevere una ricompensa in denaro». Le stesse ragazze, proseguono i giudici, «rivaleggiavano con prepotenza tra loro per acquisire punti nella scala di gradimento del premier, a fronte di una manifestata certezza che ciò significava entrare in un circuito privilegiato, di rendere più assidua la loro presenza alle serate e riceve il regolare premio in denaro, sino a potersi intrattenere la notte con Berlusconi e attingere a somme più cospicue in ragione della prestazione resa». Secondo i giudici, di fatto, «quello imperniato sulle serate ad Arcore e sui rapporti tra giovani donne e Berlusconi era un sistema prostitutivo, contrassegnato dalla corrispettività della dazione di denaro o altra utilità rispetto alla prestazione sessuale».
Tra le “papigilrs” c’era anche Karima El Mahroug, in arte Ruby, la quale si è resa protagonista di «comportamenti sessuali finalizzati al soddisfacimento della libidine sessuale del destinatario» Berlusconi, che l’ha ricompensata «con ampie elargizioni di denaro». I giudici definiscono Ruby come «una delle ragazze che frequentavano le cene di Arcore e come le altre è stata
disponibile a compiacere il padrone di casa con la propria disponibilità fisica, in cambio di generose dazioni di denaro o altro». Le somme di denaro offerte da Berlusconi a Ruby non erano soltanto un «corrispettivo per le prestazioni ottenute» dalla giovane marocchina, ma servivano anche a «comprare il suo silenzio», aggiungono i giudici della Terza Corte d’Appello di Milano.
In tutto questo Nicole Minetti aveva il compito di «alimentare e mantenere il circuito prostitutivo», attraverso «mansioni di tipo essenzialmente organizzativo», soprattutto perché godeva dell’«incondizionata fiducia» di Berlusconi. Ad Arcore, si legge nel provvedimento, la Minetti «non è sul piano di tutte le altre», perché «partecipa alle serate ma non necessariamente pretende o si aspetta una ricompensa. Il suo ruolo si qualifica diversamente, dovendo con gli altri imputati, contribuire ad alimentare e mantenere il circuito prostitutivo, con mansioni di tipo essenzialmente organizzativo».
Il processo d’appello “Ruby-bis” si è concluso con una netta riduzione delle condanne per tutti gli imputati: 4 anni e 10 mesi per Fede, 6 anni e un mese per Lele Mora (condanna che comprende anche il fallimento della Lm Management) e 3 anni per Nicole Minetti. In primo grado l’ex direttore del Tg4 e l’ex talent scout erano stati condannati a 7 anni, mentre la condanna per l’ex consigliere regionale Pdl era stata pari a 5 anni.