Chi ha ancora in mente i Tour de France degli anni ’90 e ancora considera la Grande Boucle una corsa dal copione prevedibile è ora che si ricreda. L’imboscata, l’imprevisto, il finale che non ti aspetti sono sempre dietro l’angolo. Lo sanno bene i tifosi di Nibali, che nel 2014 vinse anche grazie all’inventiva di giornata. Lo sa bene Alberto Contador, fermato dalle cadute sia nel Tour di Vincenzo che in questa edizione. Si unisce al coro anche Chris Froome: la maglia gialla, che già aveva vinto a Bagnères-de-Luchon attaccando a sorpresa in discesa, ieri ha messo a segno un piccolo capolavoro. Difficile pensare che fosse una tattica studiata a tavolino, più facile credere all’intuizione (vincente) del momento. Carpe diem, dunque, per un corridore spesso accusato di essere un robot pilotato dall’ammiraglia. La tappa di ieri, 162,5 chilometri, da Carcassonne a Montpellier, sembrava destinata alla classica volata di gruppo, ma, a sovvertire i piani delle squadre dei velocisti, ci hanno pensato Peter Sagan e Chris Froome. Decisiva la loro azione, in compagnia dei rispettivi compagni Maciej Bodnar e Geraint Thomas, quando mancavano 12 chilometri all’arrivo. Fuga vincente, dunque, dei quattro che si involano al traguardo di Montpellier, dove si impone il campione del mondo sulla maglia gialla, che ha guadagnato i sei secondi dell’abbuono, che si sommano ad altrettanti rifilati al gruppo regolato da Alexander Kristoff. Ulteriori dodici secondi che vanno in cascina (Yates ora insegue a 28”, Martin a 31”), distacchi ancora maggiori per Purito Rodriguez e Louis Meintjes, che ieri
hanno accusato 1’09” e soprattutto Thibaut Pinot, che incassa altri 3’50” per via dei ventagli. «È strano sprintare dietro a Sagan. Devo ringraziare i compagni di squadra visto che grazie a loro nel finale avevo la freschezza giusta per fare la differenza», ha commentato Froome all’arrivo. «(Froome) ha già vinto due Tour, non mi sorprende. Ci sono ancora tante tappe, cercheremo di fare qualcosa» le parole di Fabio Aru dopo il traguardo. Il sardo già oggi potrebbe dire la sua anche su un Ventoux dal finale modificato.Galeotto il vento ieri, ma anche la giornata di oggi promette problemi in questo senso. Il rischio che possano tirare folate fra i 50 e i 100 km orari ha spinto l’organizzazione a rivedere il percorso della tappa. Resta sì il Mont Ventoux – per qualche tempo ieri si era pensato potesse essere addirittura eliminato del tutto dal profilo odierno – ma l’arrivo viene anticipato di 6 chilometri, in concomitanza della conclusione del tratto alberato e quindi prima del suggestivo finale in cui il “Gigante della Provenza” si mostra nella sua “calvizie”, privo di vegetazione, con tutte le conseguenze del caso sull’andamento della corsa. Si arriverà così in località Chalet Reynard, per un totale di 178 km rispetto ai 184 previsti inizialmente. Non vedremo quindi un arrivo come quello del 2000 quando Marco Pantani battè Lance Armstrong in una tappa dal finale mai chiarito (fu vera gloria quella del Pirata o una concessione dell’americano?) ma dal fascino indiscutibile dato da strade immerse in un paesaggio quasi lunare.