«Vorrei dirle di non avere paura, che io sto bene, che mi ha dato l’opportunità di vivere una vita piena e di ricevere amore e, soprattutto, mi ha lasciata in un posto sicuro».
È il messaggio pieno di gratitudine e delicatezza che Sara Favarato, 29 anni, novarese, rivolge alla sua mamma biologica. Nessun rimprovero, nessuna richiesta impossibile: solo un volto, una verità, un abbraccio. E un grazie.
Oggi Sara è madre a sua volta e la sua vita è stata segnata dall’amore della famiglia che l’ha accolta. Ma il desiderio di conoscere le proprie origini non si è mai spento.
6 dicembre 1996: l’inizio di una storia
Sara nasce il 6 dicembre 1996, all’ospedale Sant’Anna di Como, e viene lasciata in anonimato. I primi giorni sono difficili: risulta positiva all’HIV e all’epatite, ma si negativizza rapidamente e cresce in buona salute.
A un mese di vita viene adottata da una famiglia che sin da subito le racconta la verità sulle sue origini. «Ho sempre desiderato conoscere mia madre – spiega Sara – ma non pensavo che sarebbe mai stato possibile».
Poi arriva il 2023, l’anno della svolta.
Il DNA apre una porta sul passato
Per non lasciare nulla d’intentato, Sara si affida alla piattaforma MyHeritage per la mappatura genetica. Un esame che la porta fino in Sicilia, nella zona di Catania. Qui entra in gioco il genealogista genetico Giuseppe Sorbello, che analizza gratuitamente le corrispondenze e individua parenti di secondo e terzo grado del possibile padre biologico.
L’uomo, morto due anni fa, ha una storia quasi romanzesca: bello, ribelle, un “spirito libero”. Dall’identikit emerge un dettaglio chiave: era innamorato di una donna di nome Maria, di Varese.
Maria, Varese e un amore interrotto
Maria era stata portata in Sicilia dall’uomo e lui, a sua volta, compiva viaggi improvvisi e senza biglietto da Catania a Varese pur di vederla. Un amore intenso, forse contrastato.
Le informazioni raccolte portano a un’ipotesi dolorosa: Maria, molto giovane e appartenente a una famiglia cattolica e benestante, sarebbe rimasta incinta. Per evitare lo scandalo, la famiglia le avrebbe imposto il silenzio: partorire lontano da Varese, al Sant’Anna di Como, e rinunciare alla bambina.
Non è certo che il padre biologico sapesse della gravidanza. E resta un’ombra: l’uomo diceva che Maria fosse «un po’ fragile». È possibile che dopo il parto sia stata accolta in un istituto per disabilità intellettive o dipendenze.
La pista più recente: la mensa della Brunella
Le ricerche portano oggi a Varese, alla mensa della Brunella, dove qualcuno avrebbe notato una donna di nome Maria che avrebbe parlato di figli avuti all’ospedale di Como. Un indizio tenue, ma prezioso.
Sara ora cerca testimonianze nelle comunità, negli istituti, nelle reti sociali.
E l’appello più urgente è rivolto a un gruppo essenziale:
le ostetriche del Sant’Anna che lavoravano nel dicembre 1996.
Qualcuna ricorda una giovane donna sola? Un dettaglio? Un cognome pronunciato per sbaglio? Uno sguardo?
L’appello di Sara
Chiunque abbia un’informazione, anche piccola, può fare la differenza.
Per segnalazioni:
📧 [email protected]
Sara non chiede di cambiare il passato: vuole solo incontrare Maria, guardarla negli occhi e dirle quello che oggi ripete al mondo intero:
«Io sto bene. E grazie per avermi dato la vita».













