Scala di Milano, stop agli abiti troppo casual: tornano i controlli all’ingresso

Vietati pantaloncini, ciabatte e canottiere: chi non rispetta il dress code non entra né viene rimborsato. Ortombina ristabilisce le regole del 2015.

Al Teatro alla Scala di Milano è tornata pienamente in vigore una regola mai davvero abrogata: niente accesso per chi si presenta in canottiera, pantaloncini corti o ciabatte infradito. All’ingresso dello storico teatro sono comparsi cartelli espliciti e anche i biglietti ora riportano in modo chiaro il divieto. Chi si presenta con un abbigliamento inadeguato non solo non potrà assistere allo spettacolo, ma perderà anche il diritto al rimborso.

Le indicazioni, già formalizzate nel 2015 durante l’EXPO sotto la direzione di Alexander Pereira, erano rimaste sulla carta negli ultimi anni. Con la gestione di Dominique Meyer, si era infatti diffuso un atteggiamento più inclusivo, tollerando anche tenute poco formali per rendere la Scala più accessibile. Ma da febbraio, con il nuovo sovrintendente Fortunato Ortombina, il clima è cambiato: sebbene resti ampia libertà su magliette o scarpe da ginnastica, si torna a far rispettare i divieti minimi.

Il motivo non è solo estetico o legato al decoro. La direzione ha spiegato che la scelta punta anche a garantire un’esperienza dignitosa per il pubblico: nelle zone come la galleria, dove i posti sono molto vicini, stare a contatto con pelle sudata o scarsa igiene può risultare sgradevole durante spettacoli che durano anche ore.

Il teatro chiarisce che si tratta più di accorgimenti pratici che di imposizioni formali. Esistono anche eccezioni: per esempio, sono ammesse bluse o abiti senza maniche, e non ci sono restrizioni per calzature tradizionali che includano le infradito, come quelle giapponesi.

Ortombina, già a capo del Teatro La Fenice di Venezia, riporta così alla Scala una linea più rigorosa ma non rigida, in un contesto in cui la pressione del turismo e la salvaguardia del valore culturale dell’istituzione richiedono nuove attenzioni.