«Comprereste una barca usata da Francesco Schettino?» è stato il tormentone del dopo naufragio della Costa Concordia, 33 morti tra cui la bimba Dayana Arlotti e un sommozzatore annegato durante le operazioni di rimozione del relitto. Ora un’altra domanda, a tre anni di distanza dalla tragedia all’isola del Giglio, bussa alla coscienza degli italiani: «Comprereste il libro di Francesco Schettino?».
Noi de “La Provincia di Varese” non acquisteremo né recensiremo “Le verità sommerse”, schierandoci apertamente con Francesca Boragno, dell’omonima libreria di Busto Arsizio, che ha deciso di non proporlo ai clienti, ufficialmente per una precisa scelta qualitativa, con la Libreria Pagina 18 di Saronno e Cristiana Ricci, titolare della “Marradi” di Livorno, più schietta nel sostenere «che non si lucra sui morti».
Donne coraggiose, alle quali ci uniamo nel difendere il diritto di scegliere, di essere contro, perché esiste ancora un limite all’oltraggio, le verità di un uomo condannato a sedici anni e un mese di carcere dal tribunale di Grosseto non ci interessano, e riteniamo che pubblicare un libro dedicandolo coccodrillescamente ai parenti delle vittime del naufragio sia un atto di supremo disprezzo per il prossimo e la sacralità della vita.
L’esempio di Cristiana Ricci, la prima a esporre in vetrina il cartello «In questa libreria non vendiamo il libro di Francesco Schettino», sta per fortuna facendo proseliti in diverse città italiane, segno di una coscienza civile ancora latente che a volta necessita di un po’ di solletico per ritornare vivace.
I nostri librai seguono la via indicata qualche tempo fa da alcuni colleghi francesi, che si erano rifiutati di vendere “Merci pour le moment”, il libro di memorie piccanti in cui Valérie Trierweiler fa a pezzi l’immagine del presidente Hollande suo ex compagno: «Non abbiamo Trierweiler, ma abbiamo Hugo, Maupassant, Balzac», si leggeva nei cartelli in vetrina. Oppure, più prosaicamente: «Non vendiamo questa m…».
E noi abbiamo Dante (a proposito: corrono 750 anni dalla nascita, se lo rileggessimo?), Leopardi, Manzoni, se vogliamo stare sui classici, ma anche Saviano, Carofiglio, Camilleri, Erri De Luca e toh, pure Piero Chiara, non ci servono le memorie fintamente lacrimevoli di creature mediatiche come Fabrizio Corona – la libreria Boragno si è rifiutata di vendere anche il suo “Mea culpa” – o Schettino, che tra un party a Ischia e una presentazione abbronzatissima al lido Marinella con tanto di copie autografate, non si preoccupa di scrivere «In coscienza rifarei tutto quello che ho fatto» o dichiarare «Il mio unico errore è stato quello di non morire», in attesa di intascare i diritti d’autore.
Un personaggio, l’ex comandante, che Alberto Sordi avrebbe impersonato magnificamente, insuperabile com’era nel rappresentare la viltà italica, la furbizia travestita da intelligenza, l’arroganza vuota del potere e il pappagallismo diretta conseguenza dei galloni su una divisa.
Siamo in un Paese democratico, quindi certamente il libro avrà anche molti acquirenti, persone convinte della buona fede di Schettino e di una sua sincera contrizione – a Meta di Sorrento è una specie di eroe – altre attirate dal gossip sulla sua presunta liaison con la coautrice del libro Vittoriana Abate, oppure dal fascino oscuro della morte, in un habitat letterario ormai invaso da commissari, serial killer e trafficanti di ogni specie. Giudicheranno secondo coscienza, ma la presa di posizione dei librai è un forte segnale a difesa della buona letteratura che, per fortuna, non è ancora scomparsa dagli scaffali.