«Se n’è andata felice. Senza accorgersene»

Uno degli escursionisti che venerdì era sull’Alpe Sattal, ricostruisce il dramma di Divina Parodi«Lei e un’amica erano su un prato a prendere il sole. Poi la scivolata. A noi rimane quel suo sorriso»

«Se ne è andata inconsapevolmente, senza accorgersi di quello che stava capitando». A parlare è , uno delle persone che venerdì si trovava in montagna con, camminatrice di 78 anni precipitata in un canalone all’Alpe Sattal sopra Alagna Valsesia, in provincia di Vercelli. Il gruppo – cinque amici “dalle gambe buone”, muniti di tutto l’equipaggiamento necessario per un trekking in montagna – era partito da Varese alle 7 del mattino, per trovarsi alle 9 alla località Ronco e affrontare un dislivello di 900 metri di altezza. All’Alpe Sattal erano arrivati alle 11.20. Un’ora prima che, al rifugio, venisse pronta la polenta.

«Il gestore di quella attività ci ha mostrato dove saremmo potuti arrivare nell’attesa del pranzo. In tre abbiamo raggiunto un colle. Divina e un’altra signora (di nome Annalisa, ndr), invece, si sono fermate appena cinquanta metri sopra il rifugio. Hanno camminato per cinque minuti e poi si sono fermate a prendere il sole» continua Ermoli. Quelli che seguono sono i fatti, ricostruiti dal racconto di Annalisa, ancora sotto choc per l’accaduto: Divina si è seduta e ha cominciato a scivolare sull’erba secca. Senza urlare e senza tentare di aggrapparsi a qualcosa per tentare di arrestare la sua discesa. Poi ha iniziato a rotolare ed è scomparsa. Il tutto è avvenuto in pochi secondi. L’ultima immagine che Divina ha lasciato di se stessa è stato il sorriso rivolto al sole. La scivolata, lunga più o meno 150 metri, è cominciata con la leggerezza dei bambini sulla neve e si è arrestata in un dirupo di pietre che si immagina possa essere profondo 30 o 40 metri. «Sicuramente Divina non si è resa conto di quello che stava succedendo e non ha sofferto – aggiunge Ermoli, che ha immaginato che qualcosa di tragico dovesse essere accaduto tornando al rifugio, vedendo elicottero e soccorritori in azione – Tutto è come se fosse avvenuto nella piena inconsapevolezza. L’erba grigia, quando è lunga e su pendii ripidi, è peggio del ghiaccio. Non c’erano cespugli, ma Divina non ha neppure fatto il gesto di tentare di afferrare qualcosa. Il tutto si è consumato in pochi secondi, senza neppure un urlo». Finisce così, in una giornata serena, tra la natura tanto amata, la vita non facile di una donna scappata da Zara all’età di 10 anni. «È venuta in Italia profuga, con la sua famiglia. Mamma, papà, due sorelle e un fratello – ricostruisce, che è stato presidente dell’associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per 18 anni – La famiglia ha raggiunto le Puglie, dove il papà ha lavorato a Nardò come dipendente pubblico». «Poi è stato trasferito a Varese. Divina era commessa alla Standa e ha sposato il direttore di quel negozio. Dal loro matrimonio sono nati due figli maschi e una bambina».

Divina – vedova ormai da parecchi anni – era conosciuta tra Masnago e Montello perché andava sempre in bicicletta. «Era molto dinamica, ma tranquilla, proprio come noi dalmati, che siamo o effervescenti o contemplativi – continua Pitamiz – Divina era una signora molto disponibile all’ascolto, che è sempre stata molto legata alla sua terra di origine, lei come tutta la sua famiglia». «Era una donna a cui piaceva camminare e muoversi in mezzo alla natura» aggiunge il fotografoche l’ha ritratta immersa nei suoi pensieri, in via Dandolo, sotto i platani, per il libro “Alberi & Varese”. I funerali di Divina si svolgeranno martedì alle 10.30, nella chiesa della Brunella.