«Sean e Beppe, pugnalati alle spalle. Meglio in Eccellenza che al Carpi in A»

Paolo Basile, general manager del Varese e amico personale di Sogliano e Sannino, parla di tutto. «Quel modo di intendere il calcio non ci appartiene. Qui viviamo in simbiosi con i nostri ragazzi»

Paolo Basile non è solo il general manager del Varese ma è anche un grande amico di Sean Sogliano e di Beppe Sannino, il direttore sportivo e l’allenatore che hanno fatto grandi i colori biancorossi nell’imperiosa scalata dall’ultimo posto della Seconda divisione fino alla Serie A. Incontrandolo è logico incominciare da una domanda inevitabile.

Qualcuno ha scritto che si è trattato di un episodio dilettantistico. Io posso soltanto dire che sono stati profondamente feriti due uomini veri. Sean non ha accettato il licenziamento di Beppe e ha fatto quello che quasi mai purtroppo accade nel mondo nel calcio, ambiente in cui, spessissimo, pur di restare ancorati al proprio posto, si scende a compromessi.

Un grande affetto, che si è costruito, giorno per giorno, negli anni del ritorno in Serie B. Beppe è vero, ha tanto cuore e arriva dalla gavetta: ha sempre messo passione e amore in tutto quello che ha fatto. Saprà dimostrare presto quanto vale. Sean è una di quelle persone che non si tira mai indietro e appena gli mandi un messaggio lui ti risponde per darti una mano e starti vicino. Per certi versi è simile a me.

Beh, Sean è Sean e chi ha avuto la fortuna di vivergli accanto sa quanto sia carismatico e quanto conosca il calcio. Come me è un uomo molto legato ai sentimenti e proprio nei giorni del suo esonero e di quello di Beppe provavo tanta amarezza per questi amici che vivono la vita con tanto cuore e generosità.

Come sono stati esonerati. E questo modo di intendere il calcio, che non mi appartiene, mi fa dire: meglio in Eccellenza con il Varese che in Serie A con il Carpi.

E me lo chiedete? Ma se lo sapete meglio di me: il rapporto con la città, con gente appassionata e persone vere. Il nostro terzo tempo è una primizia in Italia, in ambito calcistico. Chi fa parte del nostro club e chi indossa la maglia biancorossa dà il massimo tutti i santi giorni per arrivare alla domenica con una sola cosa in testa e nel cuore: dare soddisfazioni ai tifosi, regalando loro una giornata spensierata all’insegna delle emozioni. Vogliamo un calcio senza barriere, in cui la nostra famiglia comprenda tutti gli spettatori del Franco Ossola con cui dialogare e condividere un progetto e una idea di calcio.

E come potrebbe essere diversamente? E poi ho alle spalle un tirocinio significativo in questo senso perché sono stato ultrà del Varese. Mio papà mi ha fatto innamorare dei colori biancorossi, portandomi al Franco Ossola e appena ho compiuto 14 anni ho incominciato anche ad andare in trasferta. L’ho fatto da tifoso sempre, togliendo tempo addirittura alla famiglia ma la passione è qualcosa di travolgente. Vi devo però fare una confessione.

Non ho amato solo il Varese e le altre squadre – di pallacanestro e hockey – che hanno reso grande la città. Mio papà arriva da Napoli e io sono stato un ultrà biancazzurro, frequentando la Curva B dello stadio San Paolo. L’ultima trasferta col Napoli l’ho fatta in estate a Nizza ma adesso che sono general manager del Varese so che mi occuperò solo dei colori biancorossi. Questa è la cosa che mi fa davvero felice.

Sono stato chiamato per seguire i contratti con i nuovi giocatori visto che in questo campo ho conoscenze: a Luino, dove abito, ho una squadra di bocce che gioca in Serie A e ho sempre saputo gestire bene le questioni con gli sportivi. Il ruolo di general manager del Varese me lo sento addosso e lo interpreto in modo totalizzante. Il mio obiettivo è di azzerare ogni possibile distanza fra prima squadra, società e tifosi.

Che punto a vivere in simbiosi con i ragazzi. All’inizio della stagione ho rivolto a tutti loro un discorso, dicendo che da tifoso del Napoli, nei 47 anni della mia vita, ho potuto gioire per due scudetti, una coppa Uefa e due coppe Italia. Da ultrà biancorosso so quanto sia importante e ricca di emozioni ogni promozione del Varese. E allora noi abbiamo un compito da svolgere: dare il massimo tutti i giorni per tentare di fare felici i nostri tifosi. Gente splendida che non bada a spese pur di seguire il Varese. Uomini, donne, ragazzi e ragazze che ancora adesso ci seguono in massa su tutti i campi, quando invece potrebbero andare al lago o passare la domenica in mille altre occupazioni. Nessuna però è speciale come venire al Franco Ossola perché noi sappiamo di dover tirare fuori tutto per chi viene a vederci. La maglia biancorossa è l’orgoglio di una città intera.

Dovrei fare tutti i nomi ma mi limito a raccontare qualche storia. Giovio me l’ha consigliato Sogliano, ci ho messo poco a convincerlo e se prima vedevo una tristezza di fondo nei suoi occhi, ora è trasformato. Sta convivendo con un problemino al ginocchio ma domenica sarà disponibile sul sintetico di Vittuone, dove non ci sarà Pià, che terremo fuori precauzionalmente.

Potrei parlare di Danilo Vago, team manager unico, che sembra uno di quegli osservatori americani di baseball con quel suo taccuino su tutti i campi. Ma per tornare ai giocatori sappiate che tutti hanno sposato subito la causa biancorossa: da Capelloni a Viscomi, senza dimenticare Marrazzo. Mentre Gheller è commovente: ha 40 anni e una carriera di tutto rispetto ma ha una umiltà sconfinata. In estate avevamo discusso soltanto per due minuti il contratto ed era stato lui a dirci: “Se mi rendo conto di non farcela più, sarò io il primo a stracciarlo”. L’altro giorno mi ha commosso.

L’ho visto alle sette in palestra e pensavo fosse lì per allenarsi. Invece dava una mano come un lavoratore infaticabile. È un grande uomo.

Luoni è passato con disinvoltura dalla B all’Eccellenza, mentre Gazo, pur essendo infortunato da tempo, non si perde un allenamento, un pranzo con la squadra e una domenica allo stadio. Zazzi durante la preparazione estiva ha provato con un’altra squadra ma lui voleva a tutti i costi il Varese. L’ha avuto e se non si monta la testa può arrivare lontano insieme a Lercara.