È stata la serata degli abbracci, delle prime volte, delle sorprese, della gioia collettiva. La serata dei carri che si muovono da un parcheggio che sembrava eterno e iniziano a sentire il rumore del vento, quello che soffia nelle orecchie quando si prende un po’ di velocità. Questa squadra è cambiata perché il manico che ha in panchina, quello su cui era stato puntato l’all in al tavolo della rinascita ventilata l’estate scorsa, ha finalmente un collegamento in campo: troppo tardi, forse, per mantenere le promesse, ancora in tempo per godere finalmente della bellezza del gioco e per dare al coach un elemento che ripaghi la fatica che ha profuso quasi invano per sei mesi. C’è un prima e un dopo Wright nell’era odierna di Masnago (ieri l’ex Pesaro è stato “pozzecchiano”: 10 assist): buio e luce, inconcludenza e tremenda efficacia, egoismo e altruismo. Ed è allora bellissimo vedere il playmaker correre incontro a “mamma” Raffaella Demattè e abbracciarla a fine partita: è la fusione tra due guerrieri. Varese-Trento è una prima volta indimenticabile. Battere Torino con una grandinata al Pala Ruffini (non che ieri i biancorossi abbiano
tirato male eh… ) pare persino facile, eliminare il povero Rautins dalla Fiba Europe Cup sembra una passeggiata: le reni spezzate a una squadra forte, di rango, completa, lunga, temibile fanno un altro rumore. Non era mai successo a Wayns e compagni: se c’è un premio per il cambiamento, facciamo fatica a immaginarne uno migliore di questo. E che bello vedere il Palawhirlpool in una versione che assomiglia alla sua storia: il Lino Oldrini è stato pensato e costruito per gioire, fremere, esaltarsi, far passare una brutta giornata agli avversari di turno, fischiare come se non ci fosse un domani, gemere di passione, tributare, sudare, trionfare. Nel dna dei suoi mattoni c’è questo, non il piattume, non la rassegnazione, non l’apatia. E la sua voce va ascoltata, anche quando indica la strada per il futuro. E poi sì, c’è quel carro da cui ci si tiene ancora lontani, quel carro che un mese fa era una minaccia nei confronti dei supposti nemici e oggi ha finalmente le ruote e può partire, chissà per dove. Che gioia: da sotto e con il fazzoletto in mano, noi lo stiamo salutando.