«Serve un uomo di basket accanto a Coppa. E vedo poco cuore»

Il nostro Fabio Gandini intervista Mario Di Sabato, ex giocatore, contitolare di triple, consorziato di Varese Nel Cuore dal 2013

Mario Di Sabato e Mauro Costantino: Triple. Intesa come mecca del basket varesino e come consorziato tra i più appassionati. Fuori dalle banalità e dalle frasi fatte in cui spesso si incappa nelle interviste di routine, quella che segue è una chiacchierata davvero illuminante.

Esattamente da due anni. La nostra entrata è stata qualcosa di naturale: facciamo basket, io stesso sono stato giocatore di pallacanestro nelle giovanili e ho fatto qualche panchina di serie A con Varese. Praticamente viviamo di questo sport e abbiamo il negozio a 50 metri dal palazzetto. Insomma: sarebbe stato strano il contrario.

Positivo, perché l’essenza del Consorzio è totalmente slegata dal ricavato del campo. La proprietà diffusa non deve entrare nelle questioni tecniche: che Varese vinca, sia in A1, in A2 o in serie B nulla cambia, il Consorzio deve continuare a esistere. Si sposa l’idea, non i risultati. Poi è inutile nasconderci: se questi ultimi mancano, viene meno anche un po’ d’entusiasmo.

Se è vero che Varese nel Cuore deve restare esterno alla sfera del parquet, è altrettanto evidente che nel consiglio d’amministrazione della Pallacanestro Varese devono esserci più persone legate al basket. Noi stimiamo Coppa, ma è indispensabile che venga affiancato da figure tecniche: ora come ora nella stanza dei bottoni varesina non ne esistono. Da quando si è dimesso Cecco Vescovi si è smarrita la guida. E mi piace sottolineare che a Varese sarebbero tanti quelli che potrebbero dare una mano.

Non lo so. Siamo davanti alla solita solfa: non c’è alcun attaccamento alla maglia da parte dei giocatori. E sebbene questa sia una situazione comune a tante altre realtà nel basket attuale, e quindi quasi fisiologica, è anche vero che una chimica di squadra prima o poi va creata. In una serie A così modesta basterebbe un gruppo motivato, affiatato e consapevole per fare bene. Domenica a Pistoia ci ha battuti Filloy: non è un campione, è semplicemente uno che ci tiene.

Sinceramente sì, e non abbiamo problemi a dirlo. Se episodi del genere si ripeteranno negli anni, il Consorzio perderà dei pezzi, e non è detto che ciò non succeda già alla fine di questa stagione. Va da sé che, in assenza di una figura forte, questo sarebbe un grave problema. La gente dovrebbe capire che Varese nel Cuore è formato da grandi aziende, ma anche da tanti pesci piccoli, ai quali mettere 6 mila euro in più rispetto al previsto può causare difficoltà, anche nel riuscire a pagare i propri dipendenti.

Semifinali contro Siena del 2013, non mi ricordo quale gara. Partiva alle 15, ma già alle 8.30 c’era gente fuori dal negozio chiuso che aspettava. Si formarono almeno 100 metri di coda, composta da persone di tutte le età. Mi ricordo che ci organizzammo in stile supermercato, con i bigliettini: purtroppo, visto il numero esiguo di tagliandi disponibili, molti rimasero a bocca asciutta.

La cosa bella è che il nostro negozio è stato sinonimo di casa per tanti atleti della Pallacanestro Varese. Polonara passava i pomeriggi da noi, con la sua fidanzata Giulia – che ha anche lavorato in negozio – e il cane Carlos. Il più simpatico? Ebi Ere, un clown: faceva le gag con i ragazzi delle scuole rubandogli i libri dagli zaini. Poi Kuba Diawara e anche Nicola Mei. E tutti gli Indimenticabili: i ragazzi di Vitucci fecero pure i commessi per un giorno».