Soldi leghisti per spese personali: rito abbreviato per Bossi junior

«Risponderò alle domande dei pm in aula, riferirò la mia versione dei fatti» dichiara il primogenito del fondatore della Lega Nord

«Risponderò alle domande dei pm in aula, riferirò la mia versione dei fatti». Parola di Riccardo Bossi, il primogenito del fondatore della Lega Nord Umberto Bossi, imputato a Milano assieme al padre e al fratello Renzo nel processo con al centro le presunte spese personali con i fondi del partito.

Elegante, con abito gessato e cravatta rosa, il rampollo del Senatur si è presentato ieri mattina nell’aula dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano, accompagnato dall’avvocato . Al centro dell’udienza la sua richiesta di essere processato con rito abbreviato, che consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Il giudice Vincenzina Greco ha accolto l’istanza. E , classe 1979, ha annunciato che si sottoporrà all’esame e «risponderà alle domande» del giudice e dei pm e . Esame che si terrà nella prossima udienza, il 14 dicembre, a porte chiuse come prevede il rito alternativo.

Sarà quindi l’occasione, per lui, di raccontare la propria versione e respingere gli addebiti. Nel suo caso 158 mila euro utilizzati, secondo l’accusa, per pagare, “debiti personali”, noleggi di auto, la fattura del carrozziere, multe e l’abbonamento a una pay tv. Umberto e Renzo Bossi proseguiranno invece con il dibattimento assieme all’altro imputato, l’ex tesoriere del Carroccio , sempre all’ottava sezione penale ma davanti ad altri giudici. I difensori di Riccardo Bossi nella scorsa udienza avevano chiesto il rito abbreviato condizionato alla testimonianza del sindaco di Lazzate , per «provare il rapporto economico e lavorativo che legava l’imputato alla Lega Nord». Istanza che ieri è stata respinta dal giudice in quanto «l’integrazione probatoria chiesta dalla difesa è troppo generica e non si capisce a quale titolo debba essere sentita Loredana Pizzi».

Come detto, il giudice ha invece concesso invece il rito abbreviato “secco” (senza la testimonianza del sindaco di Lazzate alla quale si era opposto anche il pm Filippini sostenendo che «non è riconducibile all’oggetto del processo») chiesto proprio ieri dalla difesa nel caso di rigetto della prima istanza. Il processo milanese con al centro l’accusa di appropriazione indebita è uno dei filoni dell’inchiesta che nel 2012 ha travolto la famiglia Bossi. I pm contestano agli imputati oltre mezzo milione di euro di soldi pubblici, ottenuti con rimborsi elettorali, che sarebbero stati usati dalla famiglia Bossi per pagare le spese più varie. Tra queste multe per migliaia di euro, la fattura del carrozziere, l’ormai famosa laurea in Albania di Renzo e i lavori di casa Bossi a Gemonio.n Andrea Gianni