Per Beppe Sannino non fa notizia il suo ritorno al Franco Ossola, sulla panchina dove, dall’ottobre del 2008 al giugno del 2011, è rimasto imbattuto insieme al Varese, trascinato, nel frattempo, dall’ultimo posto della Seconda divisione fino alle soglie della Serie A, persa nella semifinale dei playoff contro il Padova. Sabato, il tecnico – anzi «l’allenatore del secolo» com’era stato battezzato nel 2010, anno del centenario – ha partecipato alla partita di beneficenza fra i biancorossi e la Nazionale Italiana Artisti della televisione.
Sannino si è avvicinato alla panchina del Varese, anzi alla “sua” panchina, con estrema disinvoltura: «Che vi devo dire? Lo stadio è casa mia e lo conosco a memoria». L’allenatore è entusiasta del progetto appena presentato dalla dirigenza per ristrutturare il Franco Ossola: «È una bella notizia soprattutto perché il nuovo impianto sarà sempre a Masnago, nello stesso punto dove si trova adesso e cioè in uno scenario incantevole con il Sacro Monte da vedere e ammirare». E sì, Sannino, uomo passionale e romantico, è sempre un inguaribile innamorato del Varese e della città, in cui, non a caso, ha scelto di venire a vivere. E lo stadio sarà un fiore all’occhiello del territorio: «Mi hanno detto che le curve verranno portate a pochi metri dalle porte e dunque gli spalti risulteranno attaccati al campo, come in Inghilterra. Sarà tutto meno dispersivo e più accogliente e non vedo l’ora di vedere realizzata la nuova struttura».
Il sabato trascorso da protagonista in panchina, per una partita di beneficenza, ha avvicinato Sannino ai biancorossi ma anche alle autorità: «Ho rivisto il sindaco Attilio Fontana, a cui ho chiesto una volta per tutte di darmi del tu, e ho conosciuto il presidente della provincia Gunnar Vincenzi: è proprio un brava persona». L’allenatore è ormai un varesino: «Certo che festeggerò il Natale in città e dove se no? Desidero stare in famiglia». Poi l’augurio alla grande famiglia di cui ancora si sente parte e che non comprende solo i tifosi biancorossi ma tutti i varesini: «In questi giorni ho girato molto in città ed è sempre bello vedere il centro e i locali pieni di gente. Vorrei che il
Natale portasse meno tensioni, meno pensieri per tutti e che trasmettesse calore, amicizia e voglia di stare insieme». Che cosa vuole trovare Sannino sotto l’albero per sé e che cosa si augura di ricevere dal 2016, ormai alle porte? La risposta è scontata: «Undici ragazzi e una panchina». Questo è anche l’augurio di tutta la nostra redazione a Beppe Sannino: poter tornare ad allenare il più presto possibile una squadra di Serie A e siamo certi che ci riuscirà molto prima di quanto lui stesso possa immaginare. La sua presenza al Franco Ossola sabato, sia pure per una partita di beneficenza, ha emozionato la gente che gli è rimasta ancora molto legata. E capire perché è semplice. Basta questa riflessione.
Se un’immensa marea di cuori biancorossi era tornata, sette anni fa, a inondare di tifo il Franco Ossola il merito principale è stato proprio di Sannino, capace di riaccendere improvvisamente l’amore nei confronti del Varese con il doppio e inaspettato balzo dalla Seconda divisione alla serie B. Un salto improvviso che ha svegliato una città da troppo tempo relegata a vivere un ruolo subalterno nel calcio minore. Contemporaneamente all’ascesa vertiginosa della squadra, rapidissima nel mettere in fila due promozioni consecutive, si è vissuto un aumento costante di pubblico a Masnago, come ha sottolineato più volte lo stesso Sannino: «Settimana dopo settimana, gli spazi lasciati vuoti nei distinti diminuivano sempre di più. Fino a quando il cemento grigio che era sempre visibile nello stesso settore è stato interamente ricoperto dal popolo biancorosso in quello storico 13 giugno del 2010. Una domenica indimenticabile i cui istanti sono indelebilmente conservati nella mia mente e nel mio cuore. Fin dalle prime ore di un’alba speciale, trascorsa, dopo una lunghissima notte solitaria e insonne, vagabondando in auto per le vie di Varese. Mescolando ricordi a pensieri. Spezzati e spazzati improvvisamente via dal brivido intenso di un’emozione insolita: quella di vedere, finalmente, le bandiere biancorosse esposte sui balconi o sulle finestre dove solitamente sventolavano, invece, gli stendardi di Inter, Juventus o Milan».
Un segnale chiaro di una rinascita impetuosa di un rinnovato e travolgente amore nei confronti del Varese. Sono state principalmente le nuove generazioni di tifosi a commuovere Sannino. L’energico condottiero che, dopo gli sferzanti allenamenti della prima squadra, ama fermarsi a giochicchiare con i bimbi della scuola calcio. E, così, tanti ragazzini che non erano ancora nati nel 1985, quando cioè i biancorossi avevano giocato in B per l’ultima volta, sono stati testimoni della grande rincorsa e riscossa del Varese: «La voce di questi giovanissimi – dice Sannino – ci ha spronato a dare il massimo nella finale con la Cremonese, trascinandoci verso la conquista della promozione». E adesso che i biancorossi sono in Eccellenza la B non sembra così lontana perché una nuova ondata di amore e di passione è sgorgata fuori impetuosa dopo il terzo fallimento del club. Rinato l’estate scorsa per non morire più e per ritornare in alto, ricordandosi le parole di Sannino: «Chiuderò la mia carriera allenando gratis il Varese».