«Sono abbonato a Varese da 47 anni. Ero geloso di Arrigoni a Cantù, ora è qui»

Pietro Colli e una famiglia con un unico amore: «Papà Enrico a 97 anni viene ancora al palasport. Come mio figlio la sua fidanzata. La società ha agito bene ma sotto canestro sembriamo leggerini»

«Io me ne intendo poco eh… ma sotto canestro sembriamo un po’ leggerini». Ecco: se uno che vede la palla al cesto da quanto la linea da tre punti era ancora in “mente dei”, il palazzetto di Masnago nei progetti rivoluzionari di un certo Lino Oldrini e Varese una squadra che faceva tremare il mondo, dichiara di intendersene poco, beh, probabilmente abbiamo sbagliato tutto nella vita.

Noi tuttavia non crediamo neppure per un istante alla sua modestia. Anche perché incalzare Pietro Colli è quasi un obbligo morale il giorno dopo la chiusura della campagna abbonamenti 2015: lui non è come gli altri 2.679 possessori di seggiolino numerato, lui è il possessore per antonomasia. Il suo posto – e quello di suo padre – un giorno, si spera il più lontano possibile, andrà ritirato e appeso vicino agli stendardi verdi che ogni domenica ricordano agli avversari di non essere capitati in un luogo qualunque. La storia si fa anche da seduti.
«Pronto, Pallacanestro Varese? Ci indicate un abbonato di lungo corso?». La risposta ci mette 20 secondi ad arrivare: «Vi diamo il numero della famiglia Colli». Eh sì, perché qui non si parla solo di una persona, ma di un intero nucleo di affetti che tramanda la passione per il biancorosso di generazione in generazione: «Le tessere in casa da sempre sono quattro – ci spiega il nostro, 72 anni e una voce cordiale – La mia, quella di mio padre Enrico che a 97 anni viene ancora alle partite, quella di mio figlio ventitreenne, anche lui Enrico, e l’ultima, che di solito andava alla segretaria di mio padre e quest’anno è stato assegnata alla fidanzata di mio figlio, un’altra tifosa da crescere». Tutti insieme, sempre lì, in quella Tribuna Gold che una volta era Tribuna Est e prima ancora Distinti, a pochi metri dalle panchine.

Da quando? Fare i conti è diventato quasi difficile: «Il primo abbonamento devo averlo preso all’età di 25 anni – ricorda il signor Colli – O forse prima: di sicuro non c’era ancora il Lino Oldrini e si andava a vedere le gare nella palestra di via XXV Aprile». A occhio e croce farebbero 47 anni, minimo: «Diventavo matto per Morse, Meneghin e Zanatta. Giocatori così non ne fanno più, come del resto gli Ossola o i Rusconi: prima che componenti della tua squadra del cuore

erano varesini come te, li vedevi in giro per la città, li salutavi». Eppure, anche se la mamma dei fuoriclasse made in Varese ha da tempo terminato il suo periodo fertile, tifosi come lo “sciur” Colli non mancano di presentarsi ogni estate alla chiamata al seggiolino: «Anche quest’anno mi sono abbonato nei primi giorni, a luglio, persino come “Sostenitore +” (abbonamenti più costosi in cambio di alcuni vantaggi ndr). Perché a me, a noi, non interessano né i giocatori, né i risultati: andiamo a scatola chiusa».

Stimolare Pietro sui ricordi è un piacere, riportarli tutti in poche righe è cimento difficile, quasi irrispettoso per quantità e qualità. Meglio concentrarsi sul qui e ora: «Mi sembra che quest’anno la società abbia agito bene, le rimprovero solo di averlo fatto con un po’ di ritardo. Mi aspetto un salto di qualità rispetto al recente passato, anche se ho qualche dubbio sulle nostre stazze». Dubbi controbilanciati da alcune solide certezze, cercate – anch’esse – in una grande storia: «Quella del ritorno di Bruno Arrigoni. Quando era direttore sportivo a Cantù “sbavavo” per lui e per le sue scelte: insieme a Moretti, che mi piace molto, fanno una bella coppia». In caso contrario, nema problema: Pietro Colli e la sua famiglia ci saranno anche nel 2016.