«Sono qui per amore, non per mio papà. Lui non regala nulla. Nemmeno a noi…»

Abbiamo invitato nella nostra redazione Matteo Di Caro, nuovo direttore generale della Varesina. «Mi sono guadagnato ogni cosa sul campo. Spero che il Varese venga in serie D, voglio affrontarlo»

Matteo Di Caro è un nostro amico, ancor prima che essere il nuovo direttore generale della Varesina Calcio. Per questo motivo, lo abbiamo invitato in redazione per parlare di calcio, ma non solo. Siccome, oltre ad essere un amico come già detto, è un ragazzo umile e di parola, Matteo ieri ha raccolto l’invito ed è salito a trovarci, assieme alla direttrice marketing Paola Frascaroli.

E’ stata questa l’occasione per chiacchierare di tante cose, dal calcio ai ravioli dello Scoiattolo, azienda di famiglia di cui Matteo, classe 1989, è direttore commerciale. Nei giorni scorsi, Matteo è stato nominato nuovo direttore generale della Varesina, squadra di Serie D di Venegono e Castiglione, reduce da cinque promozioni consecutive. Un piccolo capolavoro sportivo e manageriale portato avanti proprio dalla famiglia Di Caro, assieme ai Cuscunà. Una realtà che va avanti a testa alta, lottando per la salvezza sul campo e progettando una crescita a livello strutturale e di settore giovanile.
E la nomina di Matteo va proprio in questa direzione, anche se deve subito trovarsi di fronte alle prime difficoltà. La prima è quella di togliersi di dosso l’etichetta di “raccomandato”: «La Varesina è una parte della mia famiglia, non posso negarlo. Se non ci fosse mio padre come patron e mio fratello come capitano della prima squadra, probabilmente non sarei dove sono. Però ci tengo a precisare che mi sono guadagnato tutto “sul campo”. Chi conosce mio padre Lino sa benissimo che non guarda in faccia a nessuno, nemmeno ai suoi figli. Se non sei all’altezza del compito che ti viene affidato, ti manda a casa. Vi faccio l’esempio del giorno in cui ho ricevuto un messaggio di mio padre alle 8.33 del mattino (e ce lo mostra in diretta), che recitava: “In azienda si arriva sempre prima delle 8.30”. Altro esempio: ho fatto parte della rosa della Varesina per due stagioni, ma in Promozione ho fatto solo sei presenze, perché c’era gente più forte di me. Anche lì ero figlio del patron, eppure stavo in panchina. Questo per farvi capire che, nonostante tutte le etichette, nessuno ci regala nulla, tanto a me quanto a mio fratello Massimiliano».
Dalle etichette al campo, come sta la Varesina? «E’ una stagione in cui lotteremo fino alla fine per salvarci, la classifica parla chiaro, ma siamo pronti a giocarcela con le unghie e con i denti. La gara con l’Inveruno di domani è fondamentale per noi. Abbiamo deciso di mantenere la spina dorsale della squadra perché nei momenti più complessi sanno dare qualcosa in più per venirne fuori, e si è visto contro il Piacenza. Dovessimo anche retrocedere, cadremmo in piedi, perché abbiamo una struttura forte che ci sostiene, fondata su un settore giovanile che cresce sempre di più e su una società che non agisce di pancia. Penso con piacere al caso della Giana Erminio, società simile a noi, che dopo essere retrocessa in Eccellenza, si è ripresa prima la Serie D e poi la Lega Pro, dove si trova ora con uno stadio nuovo. Questo perché lavorano bene». Questione stadio: tiene banco il nuovo progetto del Varese, ma anche voi non siete da meno: «Facendo un passo alla volta, ci stiamo arrivando anche noi. Tra poco avremo a disposizione tutti i permessi per iniziare la costruzione di una nuova tribuna di circa seicento posti dietro le panchine. E’ il primo passo per allestire uno stadio sul modello inglese, con le tribune a ridosso del campo. Perché è vero che non abbiamo tanti tifosi, però quei pochi sanno come farsi sentire. Noi siamo legati a quel campo, siamo romantici, e vogliamo ampliarlo per mantenere la nostra identità ed il nostro spirito, quello delle cinque promozioni consecutive. Gestiamo la Varesina proprio come un’azienda, ed è il segreto del successo, come insegna l’Atalanta».

I maligni affermano che, se mai dovesse capitare, la Varesina preferirebbe non salire in Lega Pro. Ecco la smentita: «Noi mettiamo anima e corpo nel progetto Varesina proprio per poter sognare traguardi del genere. Se mai dovesse capitare, non cadremmo dal letto, ci faremmo trovare pronti. La salvezza in Serie D per ora è il nostro obiettivo, sarebbe come ottenere la sesta promozione di fila. Abbiamo la struttura per crescere, stiamo intensificando i rapporti con l’Atalanta, ci vantiamo di avere una figura fondamentale come Marco Bof che è un professionista tra i dilettanti. Dobbiamo creare ancora più entusiasmo attorno a questo progetto, coinvolgendo sempre di più il settore giovanile, che è il nostro fiore all’occhiello».
Proprio al settore giovanile sono legate le attenzioni particolari per la crescita del modello Varesina, che si propone di essere simile a quello dell’Atalanta, con cui le Fenici collaborano ormai da quasi un anno: «La nostra mentalità, ad esempio, ci porta ad investire molto sui giovani. Dovessimo avere una cifra importante da investire, la utilizzeremmo più volentieri per migliorare il vivaio piuttosto che per un attaccante della prima squadra, per intenderci. Il nostro percorso inizierà ad essere soddisfacente nel momento in cui vedremo un ragazzo completare la trafile delle giovanili, dai Piccoli Amici alla prima squadra. Essendo nati nel 2010, dovremo aspettare ancora un po’, ma accadrà».
Chiusura sul Varese: «Tifiamo per la loro promozione in Serie D, sarebbe bello e coinvolgente giocare il derby l’anno prossimo. Vogliamo bene a questa società e anche a mister Melosi che stimiamo e che conosciamo. Mi auguro di vederli presto in Serie B. Se c’è una cosa che invidio al Varese, però, è Marco Giovio, un giocatore di un’altra categoria».