VARESE E’ sufficiente un indirizzo, www.archiviocentraledellostato.beniculturali.it/cpcview/ inserito nel motore di ricerca per scoprire se un nostro antenato era schedato come oppositore politico, anarchico, comunista o sovversivo, e inserito nel Casellario politico centrale, fondato a Roma nel 1894 per meglio controllare i nemici della monarchia. Dallo scorso giugno, infatti, le 152.589 schede sintetiche, relative ad altrettanti fascicoli, sono online e consultabili da chiunque ne abbia la pazienza. Durante il Ventennio fascista, con le leggi del 1925-’26, l’attività
di sorveglianza divenne più stretta e comprese non soltanto i presunti avversari politici, ma anche le minoranze etniche e tutta una serie di persone genericamente definite come antifascisti. E’ stato il collettivo di scrittori Wu Ming a invitare per primo gli italiani, grazie alla segnalazione del sito nella loro pagina Twitter, a ricercare parenti o amici segnalati in passato come “pericolosi”. Il Casellario però si ferma al 1943 e di conseguenza mancano i nomi di spicco della Resistenza, come Walter Marcobi, o Luigi Canali e Giuseppina Tuissi, “Neri e Gianna”, o di eroi come Calogero Marrone, l’ufficiale dell’anagrafe di Varese che salvò molti ebrei e fu deportato a Dachau dove morì. Tuttavia, spulciando l’elenco, scopriamo che a Varese, dopo il periodo di confino a Ponza, si stabilì l’avvocato socialista Lelio Basso, nato a Varazze e successivo fondatore del Psiup, e schedato come sovversivo repubblicano c’era Guido Bertini, pittore e commediografo, amico di Speri Della Chiesa Jemoli, che viveva in una casa in mezzo al bosco nel comune di Luvinate. Con l’aiuto dello storico Franco Giannantoni, profondo e appassionato studioso della Resistenza, balzano fuori altri nomi importanti di varesini schedati.
«Come Enrico Raffaele Bonfanti, che è stato il primo sindaco di Varese dopo la Liberazione, combattente in Spagna con la Brigata Garibaldi, colui che accolse nel luglio ’45 il Governatore della Lombardia, Charles Poletti, sbarcato con gli Alleati in Sicilia nel ‘’43», spiega Giannantoni. «Poletti aveva la madre di Cadegliano Viconago, e venne più volte a Varese a trovare dei parenti a Belforte. Un altro personaggio singolare è stato Alessandro Ormisda Grassi, operaio delle ceramiche di Laveno, che con altri compagni organizzava l’espatrio clandestino in Svizzera di alcuni dirigenti comunisti. Il suo nome di battaglia era “il Misto”, chiamò sua figlia Atea, fu confinato a Ponza, ritornò e divenne dirigente del Pci di Laveno».
Nella lotta al fascismo si segnalò poi Giuseppe Ossola: «Originario di Lissago, dopo il ritorno da Mosca animò le feste dell’Unità varesine del primo dopoguerra al Colle Campigli, con Terracini e Pajetta. Sua figlia, Stellina, è stata per quarant’anni archivista all’”Unità” a Roma. Poi Giovanni Grilli, romagnolo, uomo di profonda cultura (nella scheda risulta “ragioniere, comunista, denunciato al Tribunale speciale”) membro del primo Cln milanese che l’8 settembre trattò la difesa di Milano con il generale Ruggero», dice lo scrittore e giornalista varesino.
Figure singolari anche quelle di Francesco Morini, musicista (una sua opera, “La Vindice”, fu rappresentata al “Sociale”) diventato capo della polizia partigiana, e Francesco Buffoni. «Avvocato gallaratese socialista, esule in Francia, fu deputato prima del fascismo, quindi si legò ai fratelli Rosselli e a Sandro Pertini. Il nipote fu coinvolto nella Tangentopoli varesina. Da ultimo ricorderei anche Guido Bellicini, esponente comunista già durante il fascismo, poi tra i quadri partigiani in Piemonte e infine dirigente di spicco del Pci a Varese».
Mario Chiodetti
e.marletta
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