Sdraiarsi al sole, passeggiare sulla battigia, immergersi nelle acque salate. A fine giornata, nonostante un programma all’apparenza rilassante, ci si ritrova spesso spossati. Ma non è solo una sensazione soggettiva: il mare, con le sue caratteristiche ambientali uniche, mette il nostro corpo in condizione di attivare diversi meccanismi fisiologici che richiedono energia.
Secondo un approfondimento pubblicato da Focus, l’affaticamento che molti avvertono al termine di una giornata in spiaggia ha una base scientifica ben precisa. A cominciare dalla vasodilatazione e dall’aumento della sudorazione, due reazioni fondamentali per regolare la temperatura corporea. Questi processi, però, comportano la perdita di liquidi e sali minerali essenziali – come potassio e magnesio – che sono cruciali per il funzionamento dei muscoli e del sistema nervoso. Il risultato? Disidratazione e un diffuso senso di stanchezza.
Anche l’ambiente marino influisce direttamente sul metabolismo. L’aria, più ricca di ossigeno e iodio rispetto a quella urbana, stimola la tiroide e accelera le funzioni metaboliche, provocando spesso un aumento dell’appetito. A ciò si aggiunge il dispendio energetico invisibile legato alla produzione di melanina, che il corpo attiva come difesa naturale ai raggi ultravioletti.
Neppure le attività in acqua sono prive di effetto. Camminare o nuotare nel mare richiede uno sforzo superiore a quello su terraferma, per via della resistenza dell’acqua e della sua maggiore densità. Anche pochi minuti di movimento in mare possono aumentare il consumo calorico.
Ma il mare non affatica soltanto. Sul piano psicologico, l’ambiente marino ha un effetto profondamente rilassante. Riduce i livelli di stress e ansia, stimola la produzione di serotonina ed endorfine e favorisce il benessere generale, migliorando anche la concentrazione e la creatività.
Insomma, lati positivi e negativi di una meravigliosa full immertion nella natura!