Inchieste impossibiliCon il ddl Alfano

VARESE I traffici di Totuccio Contorno, boss della mafia siciliana, collaboratore di giustizia nel maxi processo per mafia a Palermo e trafficante di droga nell’Italia Settentrionale? No, non sarebbero stati scoperti. Il suo arresto clamoroso, e quello di altri 40 mafiosi ad opera del pm varesino Agostino Abate, che nel 1997 scoprì nell’Alto Varesotto, precisamente in Val Ceresio, la centrale di Cosa Nostra che riforniva di stupefacenti mezza Italia, non sarebbe mai avvenuto se già dodici anni fa fosse stato vigente il ddl Alfano,

che regolamenta le intercettazioni telefoniche per esigenze giudiziarie.
Sempre in materia di mafia, la scoperta a metà degli anni Novanta della ricostituzione nel Varesotto degli interessi della famiglia mafiosa Grado non sarebbe più possibile con la nuova normativa, o forse andrebbe incontro a grosse difficoltà. Anche quell’operazione fu condotta dal pm Abate, e si concluse a processo con sentenze fino a 24 anni.

Sono solo due esempi delle tante inchieste che la legge voluta dalla maggioranza renderà impossibili o quasi. Ma non bisogna andare troppo indietro nel tempo per scoprire che la nuova disciplina è sabbia negli ingranaggi della macchina della giustizia. La richiesta urgente di intercettazioni avanzata dal pm Sara Pozzetti per il sequestro del broker varesino Riccardo Cornacchia e disposte in tempo reale dal giudice Giuseppe Battarino, per restare ad un fatto di cronaca recente, ora andrebbe incontro a mille ostacoli.
E che dire poi di tutti i casi di corruzione e di concussione che si scoprono in flagranza? Odei 31 arresti, solo per citare gli ultimi, operati dalla squadra mobile di Varese lo scorso dicembre, per spaccio? O di tutti i traffici di clandestini che passano da Malpensa? O della realtà viscida che gira intorno al mondo dell’usura? Perché la nuova legge pone davvero limiti strettissimi all’azione dei magistrati; quei gravi indizi di colpevolezza che in pratica sono gli stessi sulla base dei quali un giudice decide del rinvio a giudizio di un imputato. In pratica, si può paradossalmente intercettare solo chi si sa in aticipo che è colpevole. Insomma, mano e piede liberi ai malavitosi anche nella nostra città. Peraltro il legislatore ha guardato avanti, non limitandosi a tarpare le ali alle centrali di ascolto delle procure di tutta Italia: si occupa di tutti i mezzi di comunicazione, come sms e posta elettronica.

Peraltro il ddl Alfano pone seri problemi al diritto di cronaca. La Federazione italiana editori giornali e la Federazione nazionale della stampa italiana hanno rivolto un appello congiunto al Parlamento e alle forze politiche affinché vengano introdotte nel provvedimento «le correzioni necessarie»: «Viola – si legge nel testo – il fondamentale diritto della libertà d’informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo». Per Fieg e Fnsi, «è necessario salvaguardare il diritto di cronaca e di libera informazione, tutelare la funzione della stampa e del giornalista, assicurare il diritto dei cittadini a sapere».
Franco Tonghini

s.bartolini

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