«Non posso pagare e mi sfrattano Che ne sarà di me e di mio figlio?»

Disperata e minacciata da un’ingiunzione di sfratto perché non riesce a pagare l’affitto, che diventerà esecutivo il prossimo venerdì.
ha 58 anni, vive in una casa Aler in via Valcamonica, insieme al figlio Stefano di 14 anni, affetto da una patologia che lo obbliga a cure assidue al Del Ponte, un cane e un gatto.

Quella della signora Grazia è una storia di ordinaria povertà, di disagio economico e sociale. «Sono disperata – racconta piangendo – Venerdì mi troverò in mezzo a una strada con mio figlio, il mio gatto e il mio cane. Qualcuno mi dia una mano: come posso continuare a curare mio figlio. Come faremo, dove andremo?».

L’appartamento è lindo e tenuto come una perla, ma la morosità nei confronti di Aler di 8.500 euro. Dopo un primo sollecito di pagamento, a luglio la visita dell’ufficiale giudiziario che, appurata la situazione, ha prorogato il saldo del debito a ottobre.

«La situazione non è cambiata – continua la signora Grazia – Aler mi ha chiesto i giorni scorsi metà del saldo del debito: io quattromila euro non li ho. Lavoro tre mattine alla settimana per quattro ore al giorno e guadagno otto euro all’ora. Questo significa che guadagno 110 euro alla settimane. Nonostante io risulti zero reddito, pago 260 euro di affitto mensile più 20 euro di spese. A questo si aggiungono le spese legate alle cure di mio figlio. Spesso, per quanto riguarda la spesa alimentare, mi rivolgo alla Caritas. Devo andare a rubare per pagare?».

Il suo sfratto diventerà esecutivo il prossimo venerdì e per ora non ci sono margini, pare, per rimandarlo di qualche mese.

La donna è sola: i genitori sono morti due anni fa e il padre di Stefano è assente ormai da anni.

Storie di sfratti, storie di donne: la fascia fragile, anche nell’ambito di questa problematica, tornano ad essere loro, le compagne di uomini che se ne sono andati, che le hanno maltrattate o che le hanno abbandonate, con l’incombenza di pagare un affitto oneroso e di pensare ai figli.«Non ho nessuno a cui chiedere aiuto, se non alle istituzioni competenti. Non posso nemmeno trovare un lavoro pomeridiano, ammesso che qualcuno mi assuma a 58 anni, perché Stefano richiede assistenza nel pomeriggio quando torna da scuola». La signora si dice preoccupata, soprattutto, per la salute di Stefano. Preoccupazione che viene confermata anche dal dottor, dell’ospedale Del Ponte che ha in cura Stefano da oltre un anno.

«Il ragazzo ha un equilibrio fragile dovuto alla sua patologia – conferma il clinico – Inoltre, è un adolescente che ha come unico punto di riferimento la mamma. In questi ultimi mesi abbiamo riscontrato un miglioramento in Stefano. Ma se lo sfratto si dovesse concretizzare potrebbe favorire una regressione importante nel giovane».

Una situazione di gravità sociale che non viene riconosciuta dalla legge perché ad esempio ai fini della graduatoria per l’assegnazione di alloggi popolari fa più punteggio lo sfratto per finita locazione e non quello per morosità incolpevole come in questi casi.

Ma come se ne esce da questo inferno che intreccia la precarietà del lavorare con la precarietà dell’abitare? «Queste sono storie emblema del nostro tempo – commenta don , parroco di San Fermo – quelli che ieri erano inquilini modello oggi sono il diffusissimo esercito di funamboli a rischio sfratto per morosità incolpevoli».

«Funamboli perché non troppo disperati, non troppo cronicizzati e non troppo morosi. Purtroppo, si rivolgono alla parrocchia tante situazioni come quella della signora Grazia: non sappiamo nemmeno noi come aiutarli».

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