La dimissioni di Antonio Tesoro spezzano un velo di ipocrisia

di Andrea Confalonieri

Più che uscirne male, Antonio Tesoro se ne va da eroe maledetto o cavaliere oscuro. Forse aveva in mano qualcosa più grande di lui: se tornasse presidente della Pro Patria tra qualche anno, probabilmente l’età e la sofferenza di ferite come questa lo renderebbero il migliore dei presidenti possibili. Sicuramente è stato usato più di quanto lui abbia saputo fare con gli altri, e soltanto per il fatto di essersi dimesso quando nessuno apertamente aveva il coraggio di chiederglielo –

pur agendo nell’ombra per eroderlo perché ciò succedesse – merita l’onore di chi esce allo scoperto e, spesso sbagliando, prende di petto la vita. Meglio l’orgoglio, anche quando rischia di trascinarti nella polvere, dell’aridità e dell’ipocrisia.
L’errore di Antonio, ma soprattutto di coloro che non l’hanno consigliato e aiutato standogli accanto e spacciandosi spesso come il braccio destro del presidente, è stato quello di non rendersi conto di avere in mano un Tesoro: la gente della Pro Patria aveva venduto il suo cuore a questa famiglia accolta come Giulio Cesare di ritorno nel cuore dell’impero dopo una guerra vinta. E quel cuore, grande o piccolo che fosse, Antonio e Savino avrebbero dovuto sempre metterlo un centimetro davanti a se stessi, ai litigi familiari, alle legittime ambizioni imprenditoriali, perfino al tradimento politico-umano di chi li ha condotti a Busto promettendo mari e monti, prima di concedere nemmeno le briciole. A proposito: vorremmo sapere da chi trama dietro le quinte, mentre la passione scomposta ma genuina di Antonio cede il campo all’impietosa razionalità di Savino in una drammatica faida interna, quali promesse erano state fatte ai Tesoro in cambio della Pro Patria. E perché non si sono realizzate. Di più: può una squadra di calcio vivere grazie a proprietà continuamente blandite e convinte al grande passo da politica e dintorni, in un patto basato sulla convenienza e non sulla passione? E quando quest’ultima, incarnata impulsivamente ma fieramente da Antonio Tesoro, cade come una foglia ai primi freddi, cosa resta? Carletto Regalia, visto che della bandiera biancoblù lui rappresenta il vento e i colori, magari affiancato da nuovi padroni, anche loro sedotti e “obbligati” ad acquistare la Pro Patria, augurandoci per loro condizioni e promesse più realizzabili.
Resta sul campo il presidente, troppo poco del mestiere, troppo fragile e sensibile per reggere a una cosa così grossa nell’immaginario collettivo di Busto come la Pro, ma forse troppo piccola in quello della famiglia Tesoro per continuare a sopportarla unicamente sulle sue spalle. Nella vita, anche nella tua caro Antonio, ci sono cose più importanti e ti consigliamo di sferrare molte altre zampate di carattere come questa, da vero tigrotto.

a.confalonieri

© riproduzione riservata