Il dialetto ci svela il mondo

Nel “Libro delle parole” Luigi Stadera ripercorre tradizioni, storie e genti

– Un nuovo titolo dello studioso cazzaghese Luigi Stadera “Il libro delle parole, da dove vengono e che cosa dicono” si aggiunge alla ricca collezione di volumi che custodiscono e tramandano l’identità varesina attraverso il dialetto locale.
Con un sottile distinguo, sottolinea l’ottuagenario scrittore: «Da questa parte del lago si parla una lingua diversa da quella dei cittadini di Varese; la nostra risente di una cultura diversa, prevalentemente collegata alla pesca e alla navigazione: per chi sa coglierle vi sono inflessioni e sfumature di significato che variano anche da una frazione,

o persino da un abitato all’altro».
Pur con tutte le differenze del caso, il libro è uno splendido approfondimento sul modo di rappresentare le cose, attraverso parole che definiscono concetti, che è profondamente ricco nella lingua italiana ma lo è ancora di più nel dialetto. Lo studio di Stadera approfondisce l’origine, illuminata dalla etimologia comune, tra italiano e dialetto, ma risale al retroterra culturale e all’evoluzione semantica della parola promuovendo per la sua concretezza il vernacolo del territorio insubrico. La precisione nell’uso delle parole è fondamentale per il mantenimento di una tradizione linguistica: Stadera lo promuove in modo rigoroso ma attraverso la piacevolissima lettura accompagnata da una vena ironica.
Partendo da alcune parole in lingua italiana, scelte del tutto arbitrariamente come si dice in prefazione, Stadera esplora un piccolo universo di termini dialettali associati, trascritti in corsivo, semplificando al massimo la grafia: una tecnica utilissima sia per chi ha perso familiarità con la lingua del posto, che per chi vi si accosta magari da nuovo incuriosito residente.
L’analisi della parola rivela quanto sia a volte complesso il percorso tra l’immediatezza delle cose e la sua espressione di riferimento all’interno del vocabolario; studiando in modo scientifico l’etimologia delle parole Stadera ne svela la nascita legata alle prime attività dell’uomo – la raccolta dei frutti spontanei, la pastorizia, l’agricoltura – e ne collega la radice etno-antropologica testimoniata dai vari lemmi differenziati: dal preindo-europeo all’indoeuropeo, al celtico, al greco, al latino, al germanico delle invasioni barbare. «Di qui sono venuti i nostri dialetti, con una chiara prevalenza del latino, classico e medievale» dice il professor Stadera, che pur non avendo mai studiato il latino lo ha insegnato a generazioni di studenti affascinati dalla sua cultura, dal suo carisma e dalla sua capacità di visione.
«Io scrivo per non disperdere un patrimonio di sentimenti di usanze di cognizioni di proverbi di storie che sono la vera storia della nostra gente: perchè soltanto nell’esperienza di chi è venuto prima di noi possiamo trovare la chiave di lettura del mondo».
“Il libro delle parole” arricchisce una lunga e felice produzione letteraria, e in particolare il recente trittico composto da “Il libro dei proverbi”, da “C’era una volta. Fiabe e leggende nella terra dei laghi” e da “Filastrocche, giorno e notte”, che consegnano ai posteri le memorie più antiche, tramandano la tradizione orale nel mondo contadino, ancora viva dalle nostre parti fino alla metà del Novecento.
Anche per questa edizione, contraddistinta da una elegante veste accompagnata da illustrazioni dell’artista Giancarlo Pozzi, Stadera ha scelto di pubblicare con il gruppo “Menta e Rosmarino”, diretto da Alberto Palazzi, che edita anche la omonima rivista semestrale.