’Ndrangheta senza confini. Tre gallaratesi in carcere

Arrestati ieri tre soggetti ritenuti avere legami con le famiglie di Laureana

L’ombra delle cosche calabre si è allungata fino alla Provincia di Varese: ci sono, infatti, anche tre cittadini residenti a Gallarate tra i 41 indagati (36 in carcere e 5 agli arresti domiciliari), ritenuti, a vario titolo, dalla Procura di Reggio Calabria, gravemente indiziati dei reati di associazione mafiosa in relazione al sodalizio ‘ndranghetista nella sua articolazione territoriale della Locale di Laureana di Borrello, formata dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”. Famiglie operanti nel comune di Laureana di Borrello e in altri comuni limitrofi con ramificazioni in tutta la provincia di Reggio Calabria e in altre province,

anche nel nord Italia, in particolare tra Milano, Pavia, Como, Monza Brianza e Varese. Si tratta di Isabella Salvo classe 1969, Giorgia Ferrari di 21 anni e Alessio Ferrentino di 38 anni. La Salvo, in concorso con Giorgia Ferrari, avrebbe ricevuto da Francesco Ferrentino e Diego Freitas De Siqueira, un quantitativo ingente di sostanza stupefacente (cocaina), al fine di realizzare successive cessioni al dettaglio a terzi acquirenti nella zona di Gallarate, nell’interesse della cosca mafiosa. Alessio Ferrentino, alias “u stuccaru”, classe ‘78, partecipe alla cosca Chindamo-Ferrentino, sarebbe stato un diretto esecutore degli ordini impartiti dal capo cosca Marco Ferrentino, compiendo ritorsioni nei confronti di chiunque non si atteneva al rispetto delle direttive impartite e con compiti operativi nel settore dei danneggiamenti e delle estorsioni.

La massiccia operazione è stata portata avanti alle prime luci dell’alba di ieri quando circa 300 militari, coordinati dal Tenente Colonnello Vincenzo Franzese, hanno dato esecuzione al provvedimento di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti dei 41 soggetti. Nel corso delle indagini è stato possibile dimostrare le modalità con le quali la Cosca, avvalendosi della forza di intimidazione, derivante dal vincolo associativo, sarebbe riuscita a controllare e a sfruttare le risorse economiche della zona, compiendo una serie di reati in fatto di armi, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, ma anche in fatto di commercio di sostanze stupefacenti. È stato, inoltre, appurato che la principale fonte di guadagno della cosca fosse rappresentata dal traffico internazionale di sostanze stupefacenti avente, quale canale di approvvigionamento, le tratte che dall’India e dalla Colombia portano al Porto di Gioia Tauro dove, grazie alla compiacenza di soggetti vicini alle cosche, sono stati fatti passare, ben nascosti in cargo contenenti riso, ingenti quantitativi di droga.