Avrebbe dovuto testimoniare a un processo. Ma forse è morto

Il giallo - Difese un’anziana e fu accoltellato. Poi è stato espulso e ora è scomparso

– Da boyscout a jihadista forse morto in zona di guerra in Siria dopo l’espulsione perché presunto simpatizzante di idee estremiste. La parabola di Oussama Khachia, nato a Casablanca, in Marocco, il 30 giugno del 1984, saldatore, residente a Brunello si è chiusa ieri. Quanto meno sul fronte giudiziario.
Il giovane operaio, prima dell’espulsione su diretta indicazione del ministro dell’Interno Angelino Alfano nel gennaio 2015, si era reso protagonista di un episodio di estrema civiltà.

Era l’agosto del 2011 quando un automobilista rischiò di travolgere un’anziana che stava attraversando in centro a Varese. Quasi la fece cadere e poi la insultò anche. Khacia aiutò la donna e affrontò l’automobilista. Un ventisettenne di Vedano Olona, che nel parapiglia estrasse un taglierino e colpì il trentunenne ad una gamba tagliandogli i pantaloni. Per quella vicenda Khachia era a processo come parte lesa. Ed era testimone chiave. Ieri il processo si è concluso con l’assoluzione del ventisettenne. Il trentunenne, infatti, non ha mai potuto rendere la propria testimonianza sull’accaduto perché il processo entrò nel vivo dopo che il giovane era stato espulso e ieri l’avvocato difensore del ventisettenne Gianmarco Berardo ha sottolineato in aula che l’espulsione «fu a causa della sua vicinanza ad idee estremiste non distanti dal terrorismo».
Il destino del giovane marocchino, però, resta avvolto dal mistero. Il 21 dicembre scorso la famiglia del giovane diede l’annuncio della sua morte affermando di aver avuto un contatto con qualcuno che li informava dell’avvenuto decesso. La sorella del trentunenne aveva dichiarato che non avranno mai un corpo da piangere. Perché con esattezza non si conosce con certezza ne il luogo, ne le circostanze in cui il trentunenne avrebbe trovato la morte. Dopo l’espulsione il giovane aveva dichiarato di essere tornato a Casablanca e di aver trovato lavoro come pizzaiolo. Poi il nulla. Di lui si erano perse le tracce.
Quando i familiari ne hanno annunciato il decesso si era vociferato che questo fosse avvenuto in una zona di guerra, forse in Siria. Di fatto non c’è mai stata alcuna prova che il decesso sia davvero avvenuto. Tanto che il processo che lo vedeva parte lesa non ha mai subito alcuno stop, nessuna modifica. Perché non c’è un certificato di morte ufficiale. Resta il dubbio che, come avvenuto in altri casi scoperti a distanza di anni, Khachia potrebbe non essere morto ma aver deciso di sparire abbracciando una nuova vita.