«Come si può dire che non c’è il buco?»

Parla il presidente della Provincia, Gunnar Vincenzi: «Il nostro ruolo è quello dei “facilitatori”»

E questa è una domanda che viene in testa spesso, quando si parla di province. Province intesi come enti, insomma. A cosa servono? Perché sì, rispetto al passato le cose sono cambiate, e sono cambiate parecchio. E per rendersene conto basta varcare la soglia di Villa Recalcati, basta vedere come quei locali che fino a qualche anno fa brulicavano di vita e persone oggi sono vuoti e silenziosi. E allora parliamone: parliamone con Gunnar Vincenzi, che ad oggi è l’uomo a capo della Provincia di Varese.


Un ruolo comunque molto importante: siamo dei facilitatori, siamo i “sindaci dei sindaci”, siamo qui a fare da raccordo tra i comuni e i servizi a disposizione.


Subito: si chiama Stazione Unica Appaltante. Si occupa di gestire le gare d’appalto in ambiti importantissimi e delicati, fornendo tutte le consulenze e tutti i servizi necessari. Una realtà utilissima per tutti i comuni che la utilizzano, che ha avuto il merito di evitare ed eliminare i contenziosi. Abbiamo competenza su settori molto importanti.


La viabilità, con 700 chilometri di strade sotto la nostra competenza. Le scuole superiori. La pianificazione territoriale. L’ambiente, con il controllo degli scarichi, della depurazione delle acque. E poi c’è il resto. Su Alptransit, per esempio, anche al di fuori delle nostre competenze abbiamo comunque svolto il nostro ruolo e siamo stati capaci di affiancare i comuni coinvolti.

Lo so, lo so bene: l’importanza di un’ente come la Provincia, probabilmente, si vede nei momenti di difficoltà. Quando interviene, per risolvere.

Direi che ora vanno decisamente meglio rispetto al passato. Nel passato, diciamolo, non è sempre stato idilliaco ecco.


Diciamo che dopo lo sblocco del patto di stabilità, stanno molto meglio. Ora c’è la possibilità di pianificare perché ogni sindaco sa quanto arriverà dallo stato. Certo, fare il sindaco oggi è molto complesso: perché la responsabilità è davvero enorme. Ed è ancora più complesso se non si ha dimestichezza, se ci si improvvisa. È un ruolo che regala un po’ di visibilità, certo: e che non può prescindere dalla capacità (e dalla voglia) di parlare con i concittadini.

In effetti, non è uno scherzo. Non prendo un euro, ma devo comunque firmare degli atti di grande, enorme responsabilità. E sono io, per dire, a pagarmi la polizza assicurativa. Però mi piace: mi piace fare politica, mi piace il rapporto che ho con i sindaci, e soprattutto sono onorato del riconoscimento che tutti i sindaci, al di là del colore politico, mi riservano. Perché io lavoro per tutti, tutti i comuni: dal primo all’ultimo.

Sinceramente, non lo so: aspettiamo novembre 2018, poi vedremo. Di certo mi resta dentro una grande passione per la politica, anche se “questa” politica mi piace un po’ meno. Davvero, vedremo cosa succederà: intanto abbiamo un lavoro da portare avanti, qui. Tutti insieme, perché i sindaci dei comuni del Varesotto continuano a contare su di noi.

Ma vivaddio: c’è una sentenza, c’è un piano di rientro per il quale abbiamo pagato la seconda rata. Ma come si fa a sostenere che non esiste? Chiamatelo come volete, ma di certo non si può dire che non ci sia.