Sui muri scrostati il Mundial e le foto osé. Il tempo si ferma nell’ex carcere di Busto

L’ex casa circondariale di via Borroni aperta al pubblico ieri mattina per una insolita visita guidata. Dismesso negli anni Ottanta, porta ancora i segni di chi ci è stato rinchiuso. Presto sarà ristrutturato

Il buio pesto. Gli ingressi stretti e bassi. Le pareti scrostate. Le grate, al di là delle quali si intravedono scorci di Busto.«E pensare – osserva l’assessore alle Opere pubbliche, – che ancora a metà degli anni ottanta in queste celle erano reclusi dei detenuti». Le celle in questione sono quelle dell’ex carcere di Busto , aperto ieri mattina al pubblico per una visita guidata. L’edificio ottocentesco si trova in via Borroni, a due passi dalla biblioteca

comunale e Palazzo Marliani Cicogna. Oggi versa in condizioni fatiscenti, ma verrà riqualificato nell’ambito degli interventi di recupero realizzati da So.Ce.Ba. nell’area di piazza Vittorio Emanuele. A cosa sarà adibito, una volta rimesso a nuovo? Il concorso di idee – attivo anche su Facebook – è già partito: c’è chi pensa di fare dell’ex carcere un’estensione della biblioteca, chi lo immagina come un ostello. «Potremmo ricavare delle sale d’incisione, vista la presenza di mura spesse» ipotizza l’assessore Reguzzoni.

Malgrado la pioggia, alle 10 fuori dall’ex carcere ci sono una quarantina di persone. Curiosi, appassionati di storia bustocca, la professoressa dell’Accademia di Brera, l’architetto (presidente della Famiglia Sinaghina). La visita guidata tra le celle viene preceduta da qualche cenno storico introduttivo. «L’edificio è stato costruito tra il 1851 e il 1854 – fa sapere , laureata a Brera con una tesi sulla storia del carcere di Busto – con un progetto che conteneva elementi innovativi come un miglior ricircolo dell’aria e un’illuminazione più adeguata». Elementi innovativi per l’Ottocento, beninteso: oggi un ambiente del genere ci sembrerebbe disumano. «Non dimentichiamo che, fino a 60 anni fa, una cella poteva ospitare anche 10 persone» ricorda Paola Reguzzoni.

I visitatori si muovono nel carcere con fare guardingo: bisogna fare piano e stare attenti, perché gli ingressi delle celle sono bassi, e per entrare è necessario chinare la testa. Tutto è buio, freddo e umido, all’interno, e sale un brivido gelido lungo la schiena al pensiero che in quelle stanze vivessero esseri umani. Eppure sulle pareti scrostate ci sono ancora testimonianze della presenza dei carcerati. In una cella è appeso il poster scolorito dell’Italia campione del mondo del 1982; in un’altra le fotografie osé di modelle seminude. Arriva anche un visitatore d’eccezione, il cantastorie sinaghino: racconta di Zifulen e Cardanen, gli ultimi due condannati a morte di Busto. Tratti da una cella dell’ex carcere, alla vigilia della festa di “muusi e cupeti” del 1854, furono portati in un campo vicino alle attuale scuole “Manzoni”, e lì impiccati.