«Sulla strada della dolce anarchia Gli anni Sessanta sono alle spalle»

Tutto é cambiato: il mondo, le balere, gli amici. Anche Genova. Ma Gino Paoli rimane. Per ricordare Tenco, De Andrè, Lauzi, Bindi. Le loro canzoni e ciò in cui credevano. Per dire di quell’estate del 1963, quando tra lui e Luigi qualcosa si spezzò.

Sul palco con Danilo Rea, stasera alle 21 al teatro Condominio Vittorio Gassman di Gallarate (biglietti a 29 e 38 euro, info e prenotazioni allo 0331.770082 o scrivendo a [email protected]), Paoli racconta lo spettacolo “Due come noi…”. Perché la musica, da due come loro, «nasce come nasce in quella che a me piace definire “una coppia di fatto”», dichiara il 79enne cantante.

I pezzi ci vengono così, di getto, con una simmetria totale tra noi, divertendoci. Entrambi siamo appassionati ascoltatori e conoscitori della musica napoletana, che io considero poesia pura. I testi che ho scelto sono perfetti per le melodie di Danilo.

Per niente. Stare in scena con Danilo mi viene molto naturale. C’è un’empatia tra noi che ci permette di non sapere mai fino all’ultimo quello che faremo. Io, nella testa, ho una canzone e lui mi segue come se sapesse già dove sto andando: mi legge nel pensiero.


Nessuna delle due. Per quanto mi riguarda la canzone è estetica, non etica. Una canzone è semplicemente una storia raccontata con gli occhi dell’autore, anche se poi non arriva mai alle orecchie di chi l’ascolta con il significato con cui l’ha percepita lui: alla persona arrivano solo emozioni.

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