Suono e segno per Bongelli Un concerto improvvisato

Lo presero per matto: amici, colleghi, discografici. Perché un concerto del tutto improvvisato – quello di Jarrett a Colonia – non deve essere suonato come se fosse un brano di Bach, Mozart o Shostakovich.

Cambia l’approccio, l’idea, addirittura la storia della musica. Eppure Fausto Bongelli – di scena domani, alle 21.15, al Teatrino di Villa Gonzaga in via Greppi 4 (ingresso libero) – lo fa dal 2005 con grande successo.

Ed è questo che farà a Olgiate per la rassegna “Suono e Segno”. Ha studiato il “Koeln Concert” che Keith Jarrett tenne nel 1975, ha cercato esecuzioni di altri pianisti (un duo giapponese che propone una trascrizione autorizzata dallo stesso Jarrett) e si è buttato. Con la “benedizione” di Keith, che ha sottoscritto la versione di Bongelli «per il notevole valore artistico e la vicinanza all’originale».

E questo, nonostante Fausto si fosse avvicinato a un pezzo che lui stesso considera «vergine e senza una storia interpretativa. Qualche filmato su Youtube ma nessuna esecuzione completa».

Tante, invece, le idee di Jarrett legate alla genesi del Concerto. Le stesse che Bongelli, pianista di fama internazionale e interprete di riferimento della “nuova musica” (del XX e XXI secolo), cercherà di trasferire al pubblico per spiegare il “suo” Concerto di Colonia.

Musica che è entrata nella leggenda e che Fausto affronta con un obiettivo specifico: «Spostare l’attenzione dall’improvvisazione all’interpretazione». Perché chi ascolta, probabilmente, conosce «nota per nota la versione originale, ma non sempre si pone il problema di come potrebbe essere il jazz se portato nella sfera della musica classica».

In fondo, Bongelli non fa altro che seguire la lezione del pianista americano: «Non possiedo nemmeno un seme quando comincio a suonare. È come partire da zero».

© riproduzione riservata