I conti non mi tornano. Negli ultimi trent’anni il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e le multinazionali, sostenuti dai governi occidentali, hanno imposto l’applicazione delle ricette economiche e sociali neoliberiste: precarizzazione del lavoro dipendente, privatizzazione dei servizi, finanziarizzazione dell’economia, aumento delle spese militari, costruzione del mercato globale per l’affermazione di un consumismo sfrenato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. I cittadini che scendono in piazza da Atene a
New York, da Madrid a Tunisi, da Il Cairo a Washington propongono altre soluzioni: rilanciare l’economia domandosi cosa e come produrre, avere diritti di cittadinanza universali e includenti in particolare quelli relativi al lavoro, pretendere un sistema pubblico di welfare dignitoso, imporre una patrimoniale sulle ricchezze, porre un limite alle spese militari. Un progetto politico di società che prendesse sul serio queste proposte potrebbe avere qualche chance di far tornare i conti.
Nicoletta Pirotta
Quello che lei suggerisce non è sbagliato: è perfino troppo giusto. E dunque ha poche, forse nessuna, possibilità pratica d’essere attuato. Nell’attesa di felici smentite, basterebbe il ritorno della politica. Perché di questo c’è bisogno soprattutto nel nostro Paese: che la politica non rappresenti più un vuoto, ma che offra la pienezza delle virtù d’una comunità.
Di virtù ne possediamo molte, purtroppo non trovano gl’interpreti adatti. Non tira, come si dice senza pensarci su, un’aria di qualunquismo. Soffia il vento della disillusione per l’assenza d’un qualunque governo politico che possa dirsi tale. E che faccia poche e concrete cose nell’interesse di tutti. A cominciare da una saggia regolazione dello sviluppo economico nel segno della responsabilità etica. È tra l’altro quello che ha appena auspicato anche il capo dei vescovi, prefigurando una futura riunificazione politica dei cattolici nell’area moderata.
Max Lodi
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