VARESE Le parole più belle al Varese che ricomincia il suo viaggio solcando le nuvole d’un sogno (la serie B senza campi e senza parcheggi, quasi senza stadio, cos’altro è?) le ha rivolte quel tifoso che un giovedì d’estate si è messo in ferie per presentarsi all’alba, farsi tre ore d’attesa e sottoscrivere l’abbonamento numero uno. Nessuno glielo ha chiesto. È stato un omaggio gratuito, cresciuto dal cuore.
«Vorrei che il mio fosse un gesto per spronare l’ambiente a credere di poter sempre migliorare – dice Guido Puricelli da Sumirago, bandiera silenziosa non meno di Neto Pereira – possibilmente con Terlizzi e molta più gente allo stadio. Arrivando qui ho pensato a una cosa che mi ha riempito d’orgoglio: sino a ieri la trasferta tipo non era Genova o Verona, ma Solbiate Arno».
Questo gesto d’amore, insieme a quello degli altri cinquecento tifosi che in meno di quarantott’ore hanno consegnato la loro fede a dirigenti, allenatore e giocatori, è l’acquisto migliore. È l’acquisto che non ha prezzo. È la grande conquista del Varese: un legame di sangue con la piazza che prima esisteva solo in una piccola parte della tifoseria e ora si allarga a macchia d’olio.
Eccolo, l’unico miracolo: scalfire lo zoccolo duro di scetticismo che esisteva anche quando la grande Ignis dominava l’Europa del basket ma faceva scuotere la testa se vinceva con dieci punti di scarto invece di stravincere.
Passano i giocatori e gli allenatori ma il mito del Varese in serie B, invece di spegnersi, si alimenta proprio di questi addii. Qualcuno li bolla come tradimenti, altri come motivi d’orgoglio ma il risultato è lo stesso: siamo tutti un po’ più responsabili, difensori e padroni di quel pezzetto di maglia svestita, stropicciata e abbandonata. Più i tanti ex provano a riprodurre altrove il fuoco biancorosso, più lui si ribella e divampa nell’unica squadra che ne detiene l’origine e il primato.
Dal perno a centrocampo che sostituirà Kurtic potrebbe dipendere il destino della stagione, com’è dipeso un anno fa dall’esplosione dello sloveno. Oltre che da Terlizzi: è un vincente che trasforma anche gli altri in vincenti. Il portiere Rubinho? Ricostruire e rilanciare sono le specialità della casa, andremmo tranquilli su di lui. Più che dall’ottimo Oduamadi, che non vincerà le partite da solo come faceva Rivas, saremo legati all’esplosione di Nadarevic, mai esploso veramente in tutta la sua potenza, e ai gol delle punte.
Spezziamo una lancia per Ebagua: il silenzio delle ultime settimane pesa e vale più delle parole ingrate o egoiste e ambiziose di tanti altri. In giro non vediamo attaccanti potenzialmente più forti: se scocca la scintilla con Castori, fa venti gol. E ne fa segnare dieci a Neto.
Andrea Confalonieri
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