L’11 settembre 2011, esattamente 15 anni fa, si è aperto un nuovo capitolo della storia mondiale. A New York erano le 8.46 del mattino quando il primo aereo dirottato dai terroristi di al Qaeda si è schiantato sulla torre nord. Un attacco in piena regola contro il cuore dell’America che ha scosso nel profondo le coscienze dei cittadini americani e ha determinato una nuova politica estera da parte del colosso Usa. Oggi l’intero paese si stringerà
intorno ai famigliari delle 2996 vittime delle stragi. L’appuntamento sarà sul luogo che è diventato simbolo dell’attentato nell’immaginario mondiale: il vecchio ground zero, sul quale oggi sorge il World Trade Center, noto anche come «Freedom Tower», torre della libertà. La cerimonia più importante si svolgerà qui, insieme alle istituzioni e ai famigliari delle vittime. Alle 8.46 il primo minuto di silenzio, cui seguiranno altri quattro momenti di silenzio alle 9.03, quando venne colpita la torre sud; alle 9.37, ora in cui l’aereo della American Airlines si schiantò sul Pentagono uccidendo 184 persone; alle 10.03, quando un altro aereo precipitò nella campagna di Shanksville e alle 9:59 e 10:28, quando le due torri collassarono provocando delle vittime anche tra i soccorritori che lavoravano per salvare quante più vite possibile. Poi la cerimonia dei nomi letti ad alta voce.
Nella giornata di ieri il presidente Obama ha rilasciato una dichiarazione prima delle celebrazioni ufficiali: «Di fronte al terrorismo conta come rispondiamo. Non possiamo arrenderci a chi ci vuole dividere. Non possiamo reagire in maniere che rodono il tessuto della nostra società perché è la nostra diversità, il nostro accogliere tutti i talenti, il trattare chiunque equamente a prescindere da razza, genere, etnia o fede che contribuisce a rendere il nostro paese grande e resistente». Un riferimento ai toni accesi della campagna elettorale di Donald Trump. «Se restiamo fedeli ai nostri valori, manterremo l’eredità di chi abbiamo perduto e manterremo la nostra nazione forte e libera», ha detto ancora Obama, descrivendo l’11 settembre come uno dei giorni più bui nella storia della nazione americana. «Abbiamo fatto giustizia di Osama bin Laden, abbiamo rafforzato la nostra sicurezza nazionale, abbiamo sventato attacchi, abbiamo salvato vite». Allo stesso tempo il presidente americano ha voluto sottolineare che «la minaccia terroristica si è evoluta». Quindi, riferendosi alle stragi di Boston, San Bernardino e Orlando: «Li distruggeremo. E continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per proteggere la nostra patria».
Sempre ieri ha parlato Ayman al Zawahiri, leader di al Qaeda che ha preso il posto di Osama Bin Laden dopo la sua uccisione nel giugno del 2011. Al Zawahiri è tornato a minacciare l’Occidente invitando tutti i musulmani a combattere: «Bisogna esportare la guerra santa e colpire gli Stati Uniti e i loro alleati – ha dichiarato in un video – Gli eventi come l’11 settembre dovrebbero ripetersi migliaia di volte, questa è la volontà di Allah». Parole che arrivano in un periodo di acceso dibattito in America. Proprio oggi cade la ricorrenza dell’Id al-Adha, la festa del sacrificio musulmana. Fatto che ha già scatenato la preoccupazione della comunità musulmana newyorkese, a poche settimane dall’uccisione di un imam nel quartiere Queens. Omicidio per cui le autorità non avevano escluso il «crimine d’odio» perpetrato da qualche fanatico.
Pochi giorni fa la Camera dei rappresentanti Usa ha approvato una legge che potrebbe consentire ai famigliari delle vittime dell’11 settembre di far causa all’Arabia Saudita per il suo presunto sostegno al terrorismo. Il provvedimento era già stato adottato dal Senato a maggio e ora passerà nelle mani del presidente Barack Obama. La Casa Bianca, comunque, aveva già fatto sapere di essere contraria al provvedimento, sostenuto dalle famiglie delle vittime. Al momento la legge permette questa procedura solo contro paesi indicati dal Dipartimento di Stato come legati al terrorismo, ad esempio Iran e Siria.