Tragedia della Baraggia “Ancora oggi ho paura”

VIGGIÙ Giustizia è una parola troppo grande per Viggiù e Saltrio. Specialmente quando il pensiero corre alle 17.30 di quella maledetta domenica del 20 gennaio del 2008. A Baraggia, in viale Varese, c’era la festa di Sant’Antonio. Appuntamento fisso del paese. Poi l’Opel Meriva, guidata da Salvatore Arnone si è schiantata tra la folla. Uccidendo Alessia Apollonia, 14enne di Saltrio, e ferendo altre dodici persone, per lo più ragazzi. Così i sei anni inflitti all’automobilista al termine del processo più

che soddisfazione generano rimpianto. «L’importante – commenta Luana, una delle giovani coinvolte nell’uscita di strada con ferite al collo e alle gambe – è che non sia passato tutto nel silenzio. Questa sentenza se non altro mi rinfranca. Perché è giusto che chi ha causato questo incidente alla fine paghi».
Il ricordo di quella domenica, però, non si potrà cancellare. «Ho ancora problemi fisici con i quali però mi sono abituata a convivere. Soprattutto con il fastidio al collo per il colpo dell’incidente. Il problema però sono i ricordi e l’insicurezza». Ferite che ti segnano. E che per una ragazza di 18 anni sono scogli ancora difficili da superare. «Sono terrorizzata  – racconta Luana – quando cammino e sento le automobili che si avvicinano. Perché è come se rivivessi il momento in cui stavamo camminando in gruppo e poi ci hanno falciato. Per non parlare dell’auto. Sto provando a prendere la patente ma è difficile. Anche solo il pensiero di mettermi al volante mi blocca». Queste, per lei come per gli altri ragazzi, sono i racconti simbolo di una tragedia che ha segnato due paesi. «Quello che è importante – conferma la ragazza – è che almeno si arrivi ad una qualche forma di giustizia. E soprattutto che chi è responsabile di quello che è successo quel giorno non si avvicini più, e dico mai più, ad una vettura». Tra i feriti anche Anacleto Pagliaro, oggi appena maggiorenne. Ha passato mese e una settimana di coma farmacologico in neurorianimazione al Circolo di Varese. Poi altre due settimane in medicina e il trasferimento in riabilitazione a Cuasso al Monte. Per un recupero funzionale che è ancora in atto e continua a casa. «Sta imparando a scrivere – conferma il padre Pasquale – e nonostante migliori di continuo non ricorda nulla. Adesso però sono troppo nervoso e voglio prendermi un po’ di tempo prima di commentare questa sentenza».

b.melazzini

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