«Troppi i cortigiani che usano la lingua. La Lega? Era utile ma oggi è parodia»

Sabato Marco Travaglio all’Apollonio con “Slurp”: «Racconto il servilismo, scorciatoia per la carriera. La carta stampata? Resiste con analisi e commenti»

VARESE- Travaglio fa “Slurp” a Varese. Sabato 16 gennaio, alle 21, il direttore de Il Fatto Quotidiano sarà sul palco del teatro Ucc di piazza Repubblica con il suo nuovo recital nel quale – con l’aiuto dell’attrice Giorgia Salari, per la regia di Valerio Binasco – fa il punto sugli italici costumi di giornalisti, intellettuali e opinionisti che spesso, come recita il titolo dello show, sono “lecchini, cortigiani & penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati”.

Sì certo. Il problema è che Arlecchino faceva quello di mestiere: essendo servitore doveva servire. I nostri “eroi” non fanno di mestiere i servi: politici, giornalisti e intellettuali non dovrebbero servire padroni. Ci troviamo nella situazione attuale perché intellighenzia e stampa non sono sempre critiche e pronte a smascherare le bugie d’una classe dirigente che non rischia nulla e per questo dura in eterno e continua nei suoi andazzi. I processi? Li sistema con prescrizione. Lo sputtanamento a mezzo stampa? Lo elimina asservendo l’informazione.

Tutte e tre le cose insieme. Se il sistema, incoraggia la cortigianeria, ciascuno si mette a favore di vento. E in un mestiere, in cui ciascuno deve portare a casa lo stipendio, si usa più la lingua e meno lo spirito critico. Vorrei vedere Vespa in un sistema libero. Tecnicamente non gli mancano i mezzi, ma in questo sistema è sempre dalla parte governativa. Non è di destra, centro o sinistra. In un altro paese una figura del genere

non troverebbe posto. I premi Pulitzer non li vincono quelli che sostengono i governi, ma quelli che li fanno cadere. Se passa l’idea che, se minacci di farlo cadere ti cacciano, la maggior parte sceglierà di lasciarlo in piedi. Diventa una categoria di “manutentori” che mantengono al stabilità. La deontologia non c’entra più niente. C’è chi lo fa perchè non può fare diversamente e chi ci si trova bene: chi nasce curvo e chi lo diventa.

Ho deciso di raccontare questa storia perché fa morire dal ridere. Con l’ironia si riesce bene a il raccontare servilismo come scorciatoia per la carriera e questo spiega molti dei mali che oggi affliggono l’Italia. Si ride molto e non perché io faccia il comico, ma perché sono storie ai confini della realtà. Con me sul palco c’è un’attrice che, facendo la parte della svampita, legge e recita leccate di culo colossali come vengono lette quotidianamente, solo che quando le vedi sui giornali non te ne accorgi.

A me non piace fare prediche. Mi piace dire cose terribili, ma che divertono. Credo che a chi ascolta resti in mente più qualcosa che lo fa ridere, anche se amaramente, che un’invettiva o una catilinaria.

Perché non c’è paragone con la televisione. Sul piccolo schermo si lavora per slogan. Dopo tre frasi bisogna lasciare spazio ad altri o alla pubblicità. A teatro vedere e sentire respirare la gente a poca distanza, anche se ti può contestare e tirare ortaggi, è molto più interessante e aiuta a rimanere a contatto con realtà. Si riesce a capire cosa interessa e cosa non più. La mia passione vera però resta la carta stampata.

Sei anni fa, con altri colleghi, ho fondato un giornale di carta perciò spero sempre che abbia un futuro. Anche perché non ho trovato nulla che sostituisca comprare, leggere, sottolineare, ritagliare, piegare e riaprire un quotidiano. Con un tablet o uno smartphone non lo puoi fare. Certo deve contenere qualcosa di interessante perché se è solo la replica di siti e tg visti la sera prima, capisco che non venga voglia di andare in edicola. Sono analisi e commenti a dare buoni motivi ai lettori di restare fedeli. La platea si restringe perché l’informazione mordi e fuggi, dà l’idea di saperne troppe, ma sono solo titoli. Attecchiscono bufale, legende metropolitane, bugie e cazzate e molta gente ci crede. È un pericolo soprattutto in un mondo in cui la tv è in mano ai partiti, se non c’è il contraltare dei giornali che, avendo spazio e firme, cerca di mettere puntini sulle “i”. Il pericolo si contrasta solo dando di più sulla carta e sperando che la gente si accorga dei contenuti.

Non c’è un sistema chiaro oltre alla lettura e al confronto costante. Dopo aver letto giornali e giornalisti, capisci a naso gli affidabili. I giornali hanno questo di bello. E poi coi social c’è modo di raggiungerli e interagire: se ti danno “un servizio di lingua” utile a qualcun’altro che non sei tu, hai la possibilità di protestare o di ringraziare quando lo meritino.

Ci sono venuto molte volte, mi piace, è una città prospera e interessante per tante ragioni. Ha dato i natali alla Lega, quando era una cosa utile e non la parodia odierna, quando c’era da scardinare la prima Repubblica da sostenere Mani Pulite. È un po’ che non torno sono curioso di vedere com’è cambiata.