«Tu insegnavi e ascoltandoti siamo diventati noi stessi»

L’addio - Folla in Basilica per il funerale della professoressa Bonomi. Tra familiari ed ex alunni anche Maroni

– Una folla per salutare . Una presenza che dice quanto fosse la professoressa, scomparsa lunedì a 82 anni «una donna stimata capace di molte relazioni – ha ricordato ieri il prevosto, , nell’omelia del funerale – Era madre attenta e coraggiosa, nonna amorevole, insegnante dedita ai propri alunni, appassionata di cultura amante del teatro, capace di coinvolgimento, di energia e di entusiasmi. Una donna alla ricerca, a cui il bello, il vero e il buono stavano a cuore».
Autorità – dal governatore al sindaco – studenti ed ex alunni, amici, colleghi e “gente di teatro” hanno voluto dirle addio.

«Come faremo ora ce lo ha insegnato – ha detto il figlio , presente coi fratelli e , cognate e i nipoti – Con forza e determinazione, con la passione che ha messo per la vita e per le persone. Grazie mamma, perchè ci hai insegnato moltissimo: a soffrire, a perdonare e ad amare».
Una personalità che si è cristallizzata nella memoria di chi l’ha conosciuta: il caschetto corvino, l’ombretto chiaro come i suoi occhi e l’immancabile rossetto, le ricerche del cane Elliot, le versioni di latino, la sua casa aperta a orde di adolescenti intenti a scoprire la vita, il braccio pronto a trattenere quando in auto frenava all’improvviso, le bacchettate sulla dizione claudicante, le frittelle di mele, i suoi “bestiolone”, i mobili sottratti a casa sua per le messe in scena. O l’esperienza del teatro greco di Siracusa con la terza C dell’88, come ha ricordato : «Lungo il cammino delle nostre vite non tutti abbiamo abbracciato studi classici, non tutti siamo diventati letterati, ma durante le sue lezioni siamo diventati persone e questo è un dono insostituibile».
Molti hanno ribadito il segno lasciato nella vita di tanti ragazzi passati dal liceo “Cairoli”. «Vivo in Svezia da dieci anni per merito suo – spiega – Mi disse che il suo regista preferito era Bergman. Non sapevo chi fosse, ma dopo qualche anno mi ci sono laureato e dottorato». Quand’era giovane l’aveva scelta persino Giorgio Strehler – lo raccontava spesso – ma Anna aveva preferito la sua vita a Varese tra liceo e teatro, sviluppando la singolare capacità di tirar fuori all’allievo la propria personalità.

«Se non fosse stato per lei, non avrei deciso di fare l’esame all’accademia e forse non sarei diventata attrice» ribadisce . «Con Anna – ha detto il regista – è iniziata la grande avventura del teatro che poi è diventato il mio mestiere. Gioiva per i traguardi raggiunti, una vera maestra che sapeva spalancare e mai tenere a sè». Impossibile descriverla per l’attrice : «Prego di non dimenticarla, perché è anche l’ispirazione profonda per la vita che ho scelto e che abbiamo in parte condiviso»., impegnato con la professoressa nella Scuola Teatrale Città di Varese, aggiunge: «Credo che tutti gli amanti e gli operatori del teatro di questa città siano passati da casa sua. Il suo desiderio più grande era di costruire una scuola civica di teatro in cui attori e registi si potessero confrontare». Un sogno che merita di sopravvivere.