“Il tumore al polmone è una delle neoplasie più aggressive e silenziose. Spesso, quando viene scoperto, è già in fase avanzata e non operabile. Solo un paziente su quattro riesce ad arrivare all’intervento”. È il quadro tracciato dal professor Giuseppe Cardillo, direttore della Chirurgia toracica all’AO San Camillo Forlanini di Roma, in un’intervista ad Adnkronos Salute, intervenendo sul caso di Franco Baresi, leggenda del Milan e oggi vicepresidente rossonero, operato di recente per un nodulo polmonare.
L’impatto del fumo: 85% dei pazienti sono grandi fumatori
Secondo Cardillo, l’85% dei pazienti colpiti è un grande fumatore: “Parliamo di chi ha fumato 20 sigarette al giorno per almeno 30 anni. In questi soggetti, il rischio è altissimo. Quando la diagnosi arriva tardi, la prognosi è spesso infausta: solo il 16% dei pazienti sopravvive a 5 anni”. Tuttavia, il quadro cambia radicalmente con una diagnosi precoce: “Se il tumore viene individuato in fase iniziale, la sopravvivenza può salire fino all’80%”.
Baresi operato con tecnica mininvasiva
Il Milan ha comunicato che Franco Baresi, 65 anni, è stato sottoposto con successo a un intervento chirurgico per un nodulo al polmone, seguito da una terapia di consolidamento con immunoterapia. Nessuna complicazione post-operatoria e decorso regolare. Cardillo sottolinea come oggi l’intervento polmonare venga eseguito con tecniche mininvasive: “Si usa il robot o la laparoscopia, il recupero è rapido e il paziente può tornare a una vita normale”.
Il nodo dello screening: “Ora è fuori dai Lea”
Il grande problema resta però quello della diagnosi tardiva. “Questo tumore spesso non dà segnali evidenti – spiega Cardillo – o li dà quando è troppo tardi: tosse persistente, sangue espettorato, dimagrimento. Bisogna agire prima, con screening mirati ai forti fumatori”. Il San Camillo ha avviato un progetto autonomo: sul sito dell’ospedale è disponibile un questionario online per stabilire l’idoneità al percorso di controllo.
Al momento, lo screening per il tumore al polmone non rientra nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), ma secondo molti esperti sarebbe una misura necessaria, anche alla luce del fatto che il 15% dei casi si verifica in non fumatori, spesso per familiarità. “Chi ha un genitore malato dovrebbe pensare a un esame preventivo già intorno ai 50-55 anni”, avverte il medico.
Il caso Baresi riporta così in primo piano una patologia che colpisce oltre 40.000 persone ogni anno solo in Italia e che richiede interventi strutturali: screening, prevenzione, diagnosi precoce e percorsi personalizzati. Per molti pazienti, potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte.