Uccise il padre con una coltellata: 14 anni

È stato condannato a 14 anni di carcere , il giovane di 23 anni di origini angolane che circa un anno fa (era l’agosto del 2013) uccise con un coltellata il padre , nell’abitazione dove abitavano in via Pindemonte a Busto Arsizio, nel quartiere di Sant’Edoardo.

Un dramma familiare esploso in un contesto difficile, al culmine dell’ennesima lite tra padre e figlio. La sentenza del rito abbreviato è stata pronunciata ieri mattina al secondo piano del tribunale di Busto Arsizio dal giudice per le udienze preliminari, .

Una sentenza che ha ridotto di due anni la richiesta avanzata dal Pm, , che una settimana fa aveva chiesto 16 anni di reclusione per il giovane africano, trapiantato a Busto. La giovane età e il contesto complicato nel quale era “imprigionato” il ragazzo hanno evidentemente rappresentato una valida attenuante per il giudizio finale. In jeans e t-shirt ha ascoltato la sentenza.

La vicenda è nota: la notte del primo agosto Joao Dungo Cassanga afferrò un coltello da cucina e trafisse il padre, operaio di 49 anni, con un fendente al petto che non gli lasciò scampo. Chiamò il 118 e si costituì.

Nelle ore successive emerse un ritratto molto complesso, nel quale le forti tensioni tra le mura domestiche, sempre più dure da sopportare, hanno giocato un ruolo letale, armando la mano del ragazzo.

Il papà viveva con la compagna italiana, i due figli, Joao e la sorella Rosa, erano arrivati in Italia circa 4 anni fa, ma subito la convivenza si rivelò molto complessa. Secondo la ricostruzione investigativa i due ragazzi si sentivano oppressi dal genitore che era totalmente insoddisfatto dal rendimento scolastico, dai comportamenti tenuti nei suoi confronti e da una condotta generale che non gli piaceva. Il giovane straniero non si era forse ambientato e le frizioni si scatenavano con sempre maggiore frequenza. Abituarsi a ritmi, a uno stile di vita completamente diverso, non fu un esercizio per nulla agevole.

L’ennesimo litigio si rivelò fatale. Ieri è stato condannato in primo grado, ma difficilmente l’avvocato che lo assiste, Alberto Talamone (sostituito ieri mattina dal figlio Ermanno durante la lettura del dispositivo della sentenza) farà appello. Il legale è soddisfatto della sentenza: «La sentenza – dice l’avvocato – mi pare equilibrata, ma bisogna anche capire come si è arrivati e di cosa si è tenuto conto e per questo è fondamentale leggere le motivazioni. Forse sono state considerate le grandi difficoltà con le quale questo giovane ha dovuto fare i conti, con il contesto molto complesso. La sentenza mi sembra, ripeto, rispettabile. Non è stato facile per lui ambientarsi, arrivava da un contesto completamente diverso. Dopo aver letto le motivazioni valuteremo eventualmente, ma molto eventualmente, se ricorrere».

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