Ufficiale Canavesi, a casa dopo 12 lunghi anni

L’Openjobmetis ha messo sotto contratto l’ala grande, 204 cm, nato a Gallarate e cresciuto nelle giovanili varesine

Torna a casa un nome per il quale, anni fa, avremmo cantato cori di giubilo, esaltando la mancanza finalmente colmata di un giocatore (a) giovane, (b) promettente, (c) “nostrano”. Oggi, più modestamente, ci limitiamo ad accogliere la notizia del ritorno di Matteo Canavesi con un sorriso, quello di compiacimento che si regala a chi sta realizzando uno dei suoi sogni. Nello specifico, giocare per la squadra della sua città.

I tempi cambiano, così gli atleti e i giudizi su di loro. Varese accoglie un prodotto autentico delle sue giovanili, un’ala grande classe 1986, alta 204 cm, che sembra aver ormai lasciato alle spalle gli anni migliori della carriera. O, meglio, quelli gonfi di aspettative che accompagnavano le sue evoluzioni di promessa che abbandona il nido a 18 anni (nel 2004) e diventa scommessa verde e intrigante nella meravigliosa Montegranaro del “prof.” in panchina, Stefano Pillastrini, e di quello in campo, al secolo Randy Childress. Facendosi valere: che smacco per Varese…

Le discese ardite e le risalite della sua carriera hanno poi sfalsato quella parabola che pareva poter solo ascendere: subisce due gravi infortuni alle ginocchia, va ad Imola, passa da coach Moretti a Pistoia, ritorna nella sua seconda casa marchigiana e poi inizia a girovagare tra seconda, terza e quarta serie (Fortitudo, Latina, Scafati, Casalpusterlengo,ancora Montegranaro, Venafro e Trieste).

A trent’anni suonati, oggi, il figliol prodigo riabbraccia la sua Gallarate e il Sacro Monte, senza attese grondanti sopra di lui, col solo compito di allenarsi bene e farsi trovare pronto alla bisogna. Ma – nella vita come nel basket – non è detto che ripartire dal basso sia penalizzante, anzi: «Quando ho trovato un messaggio di coach Paolo Moretti che mi parlava della possibilità di giocare a Varese pensavo scherzasse – ha confessato Canavesi ai “microfoni” societari- Tornare nella squadra dove sono cresciuto è una cosa che mi rende veramente orgoglioso, è un’emozione unica».